Avviamento obbligatorio al lavoro per gli invalidi civile è la tematica affrontata dalla Corte di Appello di Milano (sez. lav., 17/02/2022, n.1491).

Avviamento obbligatorio al lavoro non rispettato è quanto deduce il ricorrente che appella la sentenza del Tribunale di Milano che respingeva le domande proposte nei confronti della Società (…)  volte ad accertare l’illegittimità della mancata assunzione con conseguente richiesta di condanna al risarcimento del danno patito quantificato in Euro 13.666,77 corrispondente a sei mensilità di retribuzione e al 30% di tale importo per la perdita della contribuzione, o in via subordinata che fosse costituito tra le parti ex art. 2932 c.c. il rapporto di lavoro.

Nello specifico, l’interessato deduceva di essere invalido civile e che, in avviamento obbligatorio al lavoro, era stato inviato presso la Società convenuta in forza di una convenzione stipulata tra quest’ultima e la Provincia di Varese.

Dopo avere eseguito due colloqui con l’agenzia interinale, veniva sottoposto a visita medica preassuntiva e si recava presso la società per la sottoscrizione del contratto di lavoro. In occasione di tale incontro, la Società comunicava di non potere procedere all’avviamento obbligatorio e alla relativa assunzione ‘dovendo diminuire il personale’.

Il Tribunale di Milano, richiamata la normativa in materia di avviamento obbligatorio al lavoro di soggetti disabili, ha ritenuto che la società convenuta avesse dimostrato attraverso la produzione di fotografie che le attività del reparto di manutenzione presso il quale il ricorrente avrebbe dovuto prestare attività lavorativa presupponevano il lavoro in quota e che le valutazioni del medico competente per il quale il lavoratore era idoneo alle mansioni con ‘limitazioni’, costituivano elementi tali da precludere al lavoratore l’espletamento delle mansioni di manutentore per le quali era stato avviato.

L’interessato impugna la decisione dinanzi la Corte d’Appello ritenendola erronea in quanto contraria alle norme relative all’assunzione dei disabili e all’avviamento obbligatorio al lavoro degli stessi.

L’appello è fondato.

In materia di avviamento obbligatorio a favore di soggetti con disabilità, la Corte di Cassazione ha affermato che: ‘La “ratio” dell’art. 9 della l. n. 68 del 1999 e la lettera dell’art. 2 della stessa legge – nella parte in cui fa riferimento a strumenti che permettano di valutare adeguatamente le persone con disabilità “nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto” – portano ad escludere un’opzione ermeneutica volta ad assegnare al termine “qualifica”, di cui al summenzionato art. 9, comma 2, una portata astratta ed indefinita, rendendo di contro doverosa una interpretazione che assegni al suddetto termine un significato più concreto, da intendersi cioè come specificazione delle capacità tecnico-professionali, di cui deve essere provvisto l’assumendo ai fini della sua collocazione lavorativa. Ne consegue che l’invio da parte del datore di lavoro di prospetti informativi limitati alla specificazione della mera “qualifica” corrispondente al posto di lavoro disponibile per il disabile devono considerarsi incompleti, così da rendere a lui imputabile il mancato avvio al lavoro di una unità di personale disabile ad integrazione della quota d’obbligo e, di conseguenza, a configurare a suo carico il relativo illecito amministrativo”.

A seguito della richiesta nominativa formulata dalla Società, la Provincia di Varese ha concesso nulla osta in data 25.11.2019 all’assunzione dell’invalido per la mansione di ‘ADDETTO ALLA MANUTENZIONE al livello OP 3 del C.C.N.L. per i dipendenti dalle aziende metalmeccaniche private e della installazione di impianti, e ha precisato che ‘Per una corretta gestione dell’assunzione … .. trattandosi di lavoratore/trice disabile, l’azienda è tenuta ad adibirlo/La a mansione compatibile con la natura ed il grado della minorazione, come previsto dall’art.10 comma 2 della L.68/99’.

Ebbene, solo in sede di sottoscrizione del contratto, il ricorrente apprendeva che la società non era più disponibile ad assumerlo per ragioni di carattere economico, circostanza contestata dalla società che invece con la memoria di I grado aveva dedotto che la ragione era dovuta a quanto emerso all’esito della visita medica preassuntiva, che lo aveva dichiarato “idoneo con limitazioni o prescrizioni: non idoneo a lavori in altezza, uso del carrello elevatore, no guida automezzi”, per cui la società aveva ritenuto incompatibile l’invalidità con la mansione che gli doveva essere affidata.

Dalla documentazione agli atti non emerge che la mansione di manutentore che avrebbe dovuto essere affidata al ricorrente avrebbe dovuto svolgersi necessariamente ‘in quota’, inoltre la Società non ha provato, né allegato, che l’unico posto di manutentore disponibile richiedesse lo svolgimento di mansioni ‘in quota’.

Ne deriva l’insussistenza della motivazione posta a base del diniego di avviamento obbligatorio, con conseguente responsabilità della società per la mancata assunzione.

Da tale responsabilità discende il diritto dell’appellante, già obbligatoriamente avviato, ma non assunto dal datore di lavoro, al risarcimento del danno derivato nella misura pari alle retribuzioni perdute dalla data della mancata assunzione e per tutto il periodo d’inadempimento dell’obbligo da parte del datore.

Avv. Emanuela Foligno

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