Distacco della retina ed errato approccio terapeutico è quanto sostenuto dal paziente che chiama a giudizio l’Azienda Ospedaliera di Perugia.

Distacco della retina trattato impropriamente con la tecnica del piombaggio e violazione dell’obbligo di informazione sono posti alla base delle richieste risarcitorie (Tribunale Perugia, sez. II, 18/02/2022, n.248).

Il paziente ritenutosi danneggiato cita a giudizio l’Azienda Ospedaliera e il Medico onde vederne accertata la responsabilità professionale, esponendo:

– che in seguito ad un incidente si rivolgeva alla Clinica Oculistica presso l’Azienda Ospedaliera di Perugia per effettuare visita di controllo;

– che a seguito dei controlli eseguiti emergeva il distacco della retina dell’occhio destro e per tale ragione in data 14.10.2005 veniva operato;

– che tale intervento richiedeva la massima attenzione e garanzia tecnica anche a fronte dei precedenti interventi a cui lo stesso si era sottoposto;

– che il Medico convenuto interveniva per il distacco della retina con la tecnica del piombaggio limitato alla sola zona interessata. Tale scelta non era la più opportuna ed adeguata tanto che ne derivava il totale fallimento dell’intervento;

– che a seguito del fallimento di tale operazione il paziente si sottoponeva ad altri interventi in centri specializzati che non sortivano alcun risultato apprezzabile, come prevedibile e anticipato preliminarmente dagli stessi specialisti, stante il grave pregiudizio e le conseguenze che derivavano dal primo intervento per distacco della retina effettuato presso l’Azienda Ospedaliera di Perugia;

– che, come conseguenza dell’intervento in questione, perdeva completamente la facoltà visiva dell’occhio destro.

Per contro, l’Oculista sostiene:

– che la perdita completa della facoltà visiva dell’occhio destro non era riconducibile causalmente all’intervento eseguito, peraltro, la tecnica di piombaggio per il distacco della retina è quella più frequentemente praticata in quanto caratterizzata da elevate percentuali di successo;

– che era priva di fondamento la richiesta risarcitoria in relazione all’assenza del consenso informato relativo all’intervento.

Vengono svolte due CTU. Nella prima è stato chiesto al Consulente se l’operato dell’Oculista fosse stato corrispondente ai canoni di diligenza professionale richiesti dalle circostanze del caso. Il CTU evidenziava come non fossero stati individuati “elementi o aspetti di metodologia o tecnica chirurgica, relativi all’intervento per distacco della retina del 14.10.2005, configuranti errore professionale, nell’operato dei sanitari dell’Ospedale di Perugia. Infatti è del tutto plausibile ritenere che la tecnica da questi stessi sanitari utilizzata, sia tra quelle normalmente utilizzate e previste per la terapia della patologia diagnostica e quindi non sia possibile ascrivere a responsabilità professionale la recidiva del distacco di retina successivamente intervenuta, trattandosi, quest’ultima, di verosimile complicanza legata alle normali variabili cliniche ed anamnestiche individuali che sono, di norma, potenzialmente in grado di influenzare l’andamento del post operatorio nonché il risultato dell’intervento stesso, anche se correttamente eseguito”.

Il secondo CTU formulava un giudizio sovrapponibile a quello del primo, evidenziando come “all’epoca in cui è stato eseguito l’intervento, la scelta di un piombaggio radiale in un paziente pseudofachico con rottura singola e distacco di retina senza coinvolgimento maculare era la più corretta”.

Preso atto dell’esito delle due CTU, il Tribunale evidenzia che all’epoca dei fatti non esistevano linee guida univoche nel trattamento chirurgico del distacco di retina e che pertanto la scelta del tipo di intervento da praticare spettava, caso per caso, al Chirurgo non essendo possibile stabilire quale procedura fosse più corretta dell’altra.

Entrambi i Consulenti hanno sottolineato come non vi siano evidenze scientifiche che consentano di ritenere che la tecnica relativa all’apposizione di un cerchiaggio sia superiore in termini di efficacia al posizionamento di un piombaggio radiale ovvero che le tecniche indicate da parte attrice avrebbero sortito migliore risultato.

Il secondo Consulente ha evidenziato che dall’esame del fondo oculare eseguito prima della chirurgia si poteva desumere che non vi fossero altre rotture evidenti oltre a quella identificata, né elementi che consentivano di dedurre l’effettiva pervietà della rottura dopo l’intervento eseguito presso l’Ospedale di Perugia. Lo stesso ha poi escluso che l’intervento effettuato dall’Oculista convenuto abbia impedito la buona riuscita degli interventi successivi, dovuti a verosimili complicanze legate alle normali variabili cliniche ed anamnestiche individuali del paziente, tanto è vero che dopo l’ulteriore intervento presso l’Ospedale di Roma del 24.10.2005, la retina risultava aderente, anche se poi tale condizione non impediva l’insorgere di alcune ulteriori recidive.

Alla luce di tali considerazioni, il lamentato distacco della retina operato in modo errato, è del tutto infondato.

Per quanto riguarda la censura sulla non corretta informazione in merito all’intervento, all’interno della cartella clinica risulta essere presente il modulo di consenso informato relativo all’intervento per il distacco della retina.

Pacifico che l’onere di provare di avere adeguatamente informato il paziente grava sul medico e sulla struttura sanitaria (sia perché debitori rispetto a tale obbligazione sia per la loro “vicinanza” alla prova), i convenuti non hanno assolto a tale onere, sicché risultano inadempienti rispetto a tale obbligazione.

Detto ciò, viene apprezzato se tale inadempimento possa essere posto in rapporto causale con i danni lamentati dall’attore.

“In materia di responsabilità sanitaria, l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute posto che, se, nel primo caso, l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia “ex se” una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario, nel secondo, invece, l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova – gravante sul danneggiato – del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso.”

Sul punto, l’attore non ha dimostrato che ove fosse stato correttamente informato in merito alle caratteristiche dell’intervento, alle possibili complicanze ed alla possibilità di insuccesso, non si sarebbe sottoposto all’intervento medesimo.

Oltre a ciò, il Tribunale dà atto che l’attore è anch’egli un medico, sicché non può ritenersi che allo stesso non fossero in alcun modo noti i rischi connessi ad una operazione così delicata come quella a cui si è sottoposto per il distacco della retina.

Inoltre, la tecnica utilizzata dal convenuto era all’epoca in cui è stato eseguito l’intervento, ed in relazione alle caratteristiche del paziente, la più corretta.

In caso di violazione del diritto all’autodeterminazione, è indispensabile allegare specificamente quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subito.

Dunque, la lesione del diritto all’autodeterminazione non costituisce danno in re ipsa, essendo onere del danneggiato indicare quali altri pregiudizi diversi dal danno alla salute sono stati subiti e, nel concreto, l’attore non ha svolto alcuna allegazione.

Le domande vengono integralmente rigettate.

Avv. Emanuela Foligno

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