Caduta all’interno del Cimitero comunale a causa di un gradino dissestato (Cassazione civile, sez. VI, dep. 15/07/2022, n.22391).
Caduta all’interno del Cimitero comunale provoca la frattura del polso sinistro, ma il Tribunale attribuisce la colpa del 20% alla danneggiata.
La donna, caduta all’interno del Cimitero di Agrigento, a causa di un gradino dissestato e non segnalato, riportava la frattura del polso sinistro con un danno biologico permanente pari al 4%.
Il Tribunale di Agrigento riteneva sussistente un concorso di colpa della stessa danneggiata attribuendo, comunque, al Comune una responsabilità dell’80%.
Il Comune propone appello lamentando l’assenza dei presupposti della responsabilità per custodia e la Corte d’Appello di Palermo accoglie il gravame per assenza del nesso di causa tra il danno lamentato dalla donna e la caduta all’interno del Cimitero.
La donna ricorre in cassazione censurando l’errata valutazione del proprio comportamento nella caduta all’interno del Cimitero e l’attribuzione di una responsabilità nella causazione del danno.
Secondo la Corte d’appello, andava tenuta in debita considerazione la circostanza che la scalinata all’interno del Cimitero era di una ampiezza tale da consentire il transito evitando il punto del gradino dissestato. La ricorrente ritiene questo ragionamento infondato poiché la responsabilità del danneggiato presuppone l’uso anomalo della cosa, che invece era pacificamente da escludersi alla luce della istruttoria svolta. Lamenta, infine, che il materiale fotografico della scala allegato nel giudizio di merito dal Comune, raffigura il gradino in questione successivamente alla riparazione dell’ammaloramento.
La Suprema Corte dà atto della valutazione del Giudice d’appello inerente la dinamica del sinistro e il nesso causale e, tale giudizio di fatto, non può essere censurato in sede di legittimità.
Viene ribadito il principio di diritto secondo cui “la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.” (Cass. n. 20553 del 2021).
Con il terzo motivo la ricorrente sostiene di avere proposto, sin dal primo grado, per l’avvenuta caduta all’interno del Cimitero, in via principale, la domanda di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., ed in via subordinata, la domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., ed assume che su tale seconda domanda il giudice di secondo grado non si è pronunciato.
Anche questa doglianza è inammissibile poiché non risulta che la ricorrente abbia dimostrato di avere riproposto in appello la domanda di cui all’art. 2043 c.c..
Difatti, la parte è tenuta, in caso di appello della controparte, a riprodurre la relativa questione al giudice dell’impugnazione; tale riproposizione può ritenersi rituale solo se la relativa domanda sia proposta con chiarezza e precisione sufficienti a renderla intellegibile per la controparte ed il giudicante.
Il ricorso viene dichiarato inammissibile.
Avv. Emanuela Foligno
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