Caduta del pedone sulla catena di delimitazione del traffico limitato  (Cassazione Civile, Sez. VI, Sentenza n. 2199 depositata il 25/01/2022).

Caduta del pedone sulla catena di delimitazione della zona a traffico limitato.

Il Tribunale di Milano rigettava la domanda ritenendo non fornita la prova del nesso causale tra la caduta del pedone e il danno lamentato asseritamente causato dalle catene di delimitazione, argomentando che la conformazione dell’area pedonale delimitata da una sequenza di paracarri in granito bianco collegati da catene di ferro era ben evidente.

In sostanza, il primo Giudice addebitava allo stesso danneggiato la responsabilità della caduta per la sua condotta anomala e non adeguata al contesto.

La Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza di prime cure e riteneva che la disposizione delle catene e dei paracarri, del tutto visibile,  non determinava ostacolo imprevedibile e insidioso, in quanto le catene si estendevano ad altezza caviglia e non potevano costituire un pericolo per un pedone mediamente avveduto.

Il danneggiato (nonostante doppia conforme di merito), ricorre in Cassazione.

Secondo il ricorrente la sentenza sarebbe errata in quanto sorretta da una motivazione solo apparente o contraddittoria, incomprensibile e perplessa. La Corte d’Appello, infatti, si sarebbe concentrata non sulla catena, ma sui paracarri escludendone la pericolosità, in quanto essi sarebbero ostacoli ben visibili in ragione di una certa importante dimensione di ingombro.

Inoltre, sempre secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente applicato i principi di diritto in tema di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c.. lasciando indenne il Comune per la caduta del pedone.

Gli Ermellini evidenziano, riguardo la eccepita mancata valutazione della pericolosità dei luoghi, che la sentenza impugnata ha trattato la questione che, comunque, è ininfluente sul giudizio causale dell’evento.

Le altre censure sono indirizzate a una rivalutazione dei dati fattuali e in particolare probatori, il cui giudizio rimane nella piena discrezionalità del Giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

Spetta, in via esclusiva, al Giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.

La censura attiene alla congruenza probatoria dell’indice presuntivo, rappresentato dalla piena visibilità dell’ingombro: il Giudice di merito ha inferito l’imputazione causale dell’evento allo stesso danneggiato la cui condotta, alla luce della visibilità delle catene di congiunzione dei paracarri, è stata qualificata come priva di attenzione alla stregua di quella che dovrebbe essere l’ordinaria diligenza di un pedone.

E’ giuridicamente corretto, pertanto, che la caduta del pedone sulla delimitazione della zona pedonale sia stata addebitata allo stesso danneggiato.

Gli ulteriori motivi di censura sul punto, sono anche essi inammissibili perché relativi alla valutazione delle risultanze istruttorie.

La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall’art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode, posto che funzione della norma è quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, intendendosi custode chi di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta, salva la prova, che incombe a carico di tale soggetto, del caso fortuito, inteso nel senso più ampio di fattore idoneo ad interrompere il nesso causale e comprensivo del fatto del terzo o dello stesso danneggiato. Con riguardo, invece, alla richiesta risarcitoria ex art. 2043, non si comprende come il ricorrente esclusa la responsabilità ai sensi del 2051 c.c., possa chiedere la condanna del Comune ai sensi dell’art. 2043 c.c., (in mancanza di prova della sussistenza dei differenti elementi costitutivi della relativa fattispecie).

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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