Confermata, nella misura del 30%, la corresponsabilità di una collaboratrice scolastica per la caduta nel piazzale ghiacciato adibito a parcheggio della scuola
In tema di infortuni sul lavoro, l’inadempimento datoriale agli obblighi di prevenzione non è in sé incompatibile con l’esistenza di un comportamento del lavoratore qualificabile come colposo, in quanto di ciò non vi è traccia negli artt. 2087 e 1227 c.c., né in alcuna altra norma dell’ordinamento; le norme sanciscono l’obbligo del lavoratore di osservare i doveri di diligenza (art. 2104 c.c.), anche a tutela della propria o altrui incolumità ed è indubbia la sussistenza di tratti del sistema prevenzionistico che coinvolgono anche i lavoratori, così come è scontato che i rapporti interprivati restino regolati anche dal generalissimo principio di autoresponsabilità per le proprie azioni. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 36865/2021 pronunciandosi sul ricorso di una lavoratrice che si era vista riconoscere, in sede di merito, il risarcimento del danno conseguente ad infortunio sul lavoro con condanna del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dell’Ufficio scolastico regionale e dell’Istituto scolastico presso il quale prestava servizio come collaboratrice ATA al pagamento di euro 7.885,28 oltre accessori. La donna, nello specifico, era caduta nel piazzale ghiacciato adibito a parcheggio della scuola, uscendo da una porta secondaria ove era affisso il cartello di “divieto di accesso-uscita, da utilizzare solo in caso di emergenza. La Corte territoriale, a conferma della pronuncia di prime cure, aveva rinvenuto, ex art. 1227, primo comma, cod. civ., il concorso di colpa della lavoratrice (pari al 30%) in quanto a conoscenza dello stato dei luoghi (avendo, tra i suoi compiti, e dei suoi colleghi, quello di mantenere pulito il piazzale ed avendo percorso il medesimo piazzale la mattina stessa) ed avendo adottato un comportamento imprudente (non avendo ben ponderato il tragitto da percorrere per recarsi alla fermata dell’autobus e indossando calzature non adatte al periodo di intemperie invernali).
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 cod. civ., 4, 8, comma 6, 226, 374 del d.P.R. n. 547 del 1955 avendo, il Collegio distrettuale, trascurato che la (ipotizzata) condotta imprudente della lavoratrice era giuridicamente vanificata dal fatto che il datore di lavoro non aveva diligentemente adempiuto ai propri innumerevoli obblighi e doveri (manutenzione del cortile in buono stato di efficienza, imposizione del divieto di transito al personale), in materia di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro, la cui osservanza avrebbe certamente, o con ragionevole probabilità, evitato l’evento.
Gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso manifestamente infondato.
Tralasciando le ipotesi, nel caso di specie non ricorrente, dell’assunzione di un rischio c.d. elettivo da parte del lavoratore (che recide ogni nesso causale tra l’attività lavorativa ed il danno conseguente all’infortunio sul lavoro),la Cassazione ha ribadito che, quella dell’art. 2087 c.c., non costituisce ipotesi di responsabilità oggettiva e che il lavoratore è onerato della sola prova della “nocività” del lavoro, spettando poi al datore dimostrare di avere adottato tutte le misure cautelari idonee ad impedire l’evento. In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha recentemente specificato che la responsabilità datoriale si fonda pur sempre “sulla violazione di obblighi di comportamento, a protezione della salute del lavoratore, imposti da fonti legali o suggeriti dalla tecnica, purché concretamente individuati” e, pertanto, la regola di diritto è quella per cui una volta addotta ed individuata una cautela (specificamente prevista ex ante da norme o genericamente deducibile dalle vigenti regole di prudenza, perizia e diligenza richiedibili nel caso concreto) che fosse idonea ad impedire l’evento e che non sia stata attuata, ne resta radicata la responsabilità datoriale.
Se la radice causale ultima dell’evento, pur in presenza di un comportamento del lavoratore astrattamente non rispettoso di regole cautelari, si radichi nella mancata adozione, da parte del datore di lavoro, di forme tipiche o atipiche di prevenzione, come detto individuabili e pretendibili ex ante, la cui ricorrenza avrebbe consentito, nonostante tutto, di impedire con significativa probabilità l’evento, la responsabilità rimane radicata esclusivamente in capo al datore di lavoro; non può, peraltro, escludersi che il comportamento colposo del lavoratore, autonomamente intrapreso ma non tale da non integrare gli estremi del rischio elettivo, possa determinare un concorso di colpa, da regolare ai sensi dell’art. 1227 c.c. allorquando l’evento dannoso non possa dirsi frutto dell’incidenza causale decisiva del solo inadempimento datoriale, ma derivi dalla indissolubile coesistenza di comportamenti colposi di ambo le parti del rapporto di lavoro.
Il significato di alcune pregresse massime secondo cui l’inadempimento all’obbligo di protezione è ragione di esclusione del concorso di colpa va correttamente intesa nel senso che, per il particolare assetto che la responsabilità assume nel settore del lavoro, il comportamento incauto della vittima, in quanto al contempo destinataria dei doveri di protezione facenti capo al datore di lavoro (in quanto soggetto che organizza l’ambiente di lavoro), resta, almeno in determinate ipotesi (ordini datoriali indebitamente pericolosi per la salute del lavoratore; impostazione dell’attività lavorativa sulla base di disposizioni illegali e contrarie ad ogni regola di prudenza) privo di rilievo giuridico a fini risarcitori, pur non escludendosi la possibilità, al di fuori di tali ambiti, di un concorso colposo ex art. 1227 c.c.
Nel caso in esame, la Corte territoriale non si era discostata da questi principi nella misura in cui, analizzando analiticamente le circostanze dell’infortunio, aveva rilevato come l’entrata-uscita utilizzata dalla dipendente doveva essere utilizzata solamente in caso di emergenza, la circostanza era debitamente segnalata con cartello, l’entrata-uscita principale della scuola era stata posta in sicurezza (spalatura della neve e spargimento di sale) e la pericolosità del luogo era nota all’infortunata la quale avrebbe dovuto assumere maggiore prudenza nella scelta del tragitto da compiere e nell’utilizzo di calzature adeguate alle condizioni climatiche di quel periodo.
La redazione giuridica
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