La vittima ritiene che il Comune di Atri, proprietario dello stabile adibito a Palazzo di Giustizia, deve rispondere delle lesioni per responsabilità per custodia e domanda il risarcimento dei danni per oltre 20mila euro (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 26 marzo 2025, n. 8038).
Il caso
La vittima In data 29/11/2011 si trovava presso il Tribunale di Atri per essere sentito come testimone e, mentre saliva le scale di detto stabile, cadeva rovinosamente a terra.
La caduta in questione veniva causata dalla presenza di acqua sulla pavimentazione degli scalini che si presentavano comunque oggettivamente in precarie condizioni di manutenzione e scarsamente illuminati e causava gravi lesioni personali (frattura biossea scomposta dell’epifisi distale del radio e dell’ulna sinistra) con postumi invalidanti.
Ritenendo responsabile ai sensi dell’art. 2051 cc (responsabilità per custodia) il Comune di Atri, lo citava chiedendo la somma di 25.000 euro quale ristoro per le lesioni subite all’interno del Palazzo di giustizia di Atri.
Il Comune di Atri si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda attorea, sul presupposto che la caduta fosse dovuta esclusivamente al comportamento del danneggiato, idoneo ad elidere il nesso causale. Il Tribunale di Teramo rigetta la domanda del danneggiato condannandolo alle spese di giudizio.
La Corte d’appello de L’Aquila (sent. n. 145/2021) conferma il primo grado e condanna il danneggiato al pagamento delle spese dii secondo grado.
Il parere della Corte di Cassazione
Le ragioni avanzate dal danneggiato vengono respinte anche dalla Corte di Cassazione che rigetta integralmente per inammissibilità essendo stato tardivamente proposto.
Difatti, la sentenza impugnata della Corte di appello è stata ritualmente notificata il 4 febbraio 2021 mediante posta elettronica certificata, secondo quanto risulta dalla documentazione in atti. Pertanto, il ricorso, per essere tempestivo, avrebbe dovuto essere notificato entro il 6 aprile 2021 (cioè, entro il termine di 60 giorni dalla data di notifica della sentenza, previsto dall’art. 325 c.p.c.), mentre risulta essere stato notificato il 2 settembre 2021, quando detto termine era già da mesi scaduto.
L’interpretazione dell’art. 2051 cc
Ad ogni modo, ferma la inammissibilità di cui sopra, la Cassazione rileva che il ricorso pone questioni inerenti all’interpretazione dell’art. 2051 c.c., sulle quali era stata fissata pubblica udienza, tanto da rinviare in attesa della loro definizione. Viene rammentato il lavorio e il conseguente approdo ermeneutico al quale la giurisprudenza di legittimità è pervenuta.
Innanzitutto, il giudizio causale deve essere calibrato in relazione alla specifica fattispecie di responsabilità (tanto è vero che il contenuto della prova liberatoria è stato differenziato secondo la regola di fattispecie di volta in volta presa in considerazione (artt. 2050, 2051, 2052, 2053 e 2054 c.c.).
La responsabilità per custodia è oggettiva
Ciò posto, in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. individua, come ormai noto, una ipotesi di responsabilità oggettiva.
In particolare, con Cass. n. 11152/23 è stato precisato che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva in quanto si fonda (non già su una presunzione di colpa del custode, ma) unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno. E quindi può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c., bastando la colpa del danneggiato, o, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole.
In sintesi, per interrompere il nesso causale tra la cosa e l’evento lesivo, è sufficiente la condotta del soggetto danneggiato che sia oggettivamente colposa, in base ad una valutazione di fatto, di norma incensurabile dalla Corte di Cassazione.
Riassunto quanto sopra, il ricorso viene dichiarato inammissibile.
Avv. Emanuela Foligno