Responsabilità per custodia, breve excursus della disciplina

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La terza Sezione della Corte di Cassazione si occupa spesso della responsabilità per custodia. Numerosissime anche le decisioni di merito che riguardano la materia.

Pare doveroso, quindi, considerata l’importanza della materia, svolgere un breve excursus della disciplina.

Breve excursus della disciplina

La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha natura oggettiva, alla luce delle origini storiche della disposizione codicistica, dell’affermazione di fattispecie di responsabilità emancipate dal principio nessuna responsabilità senza colpa, dei criteri di accertamento del nesso causale e della esigibilità (da parte dei consociati) di un’attività di adeguamento della condotta in rapporto alle diverse contingenze nelle quali vengano a contatto con la cosa custodita da altri.

Tale qualificazione, poi, ha ricevuto una definitiva conferma dalle Sezioni Unite, con la decisione n. 20943 del 30/06/2022, dopo aver ripercorso le tappe della giurisprudenza, hanno ribadito che “la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode”.

Dopo tale principio generale, le S.U. hanno palesato ulteriori precisazioni, così sintetizzabili:

  • a) “l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima”;
  • b) “la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso”;
  • c) “il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere”;
  • d) “ il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’art. 1227, primo comma, c.c.; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.;
  • e) “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale”.

L’attuale diktat della responsabilità del custode

Successivamente, seguirono ulteriori pronunce sulla scia dei suddetti principi e specificazioni (Cass. n. 11152/2023, n. 27724/2023 e n. 21675/2023), chiarificatori della natura della responsabilità oggettiva che si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, non su una presunzione di colpa del custode.

I Principi di cui si è dato conto, costituiscono definitivamente l’attuale diktat della responsabilità del custode, il cui fondamento, giova ribadirlo, è basato su elementi di fatto individuati tanto in positivo (la dimostrazione che il danno è in nesso di derivazione causale con la cosa custodita), quanto in negativo (l’inaccettabilità di una mera presunzione di colpa in capo al custode e l’irrilevanza della prova di una sua condotta diligente).

Avv. Emanuela Foligno

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