Camion invade la corsia opposta di marcia e uccide un motociclista

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Il camion occupava parzialmente la corsia opposta di marcia, caratterizzata da un andamento curvilineo, ed impattava con la moto condotta dalla vittima. Tribunale e, successivamente, Corte di Appello di Messina assolvono l’imputato, perché il fatto non costituisce reato, e rigettano l’appello proposto dalle costituite parti civili.

La vicenda

L’imputato era stato sottoposto a giudizio per omicidio colposo in quanto, nel percorrere una strada provinciale alla guida di un autocarro, per imprudenza, negligenza e imperizia, ovvero in violazione dell’art. 143, comma 1, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 – che prescrive che i veicoli devono circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera – occupava (alla velocità di 35 Km/h) parzialmente la corsia opposta di marcia, caratterizzata da un andamento curvilineo, ed impattava con la moto condotta dalla vittima che procedeva con velocità di marcia di 20 Km/h dalla direzione opposta in discesa. La morte del motociclista è avvenuta per “arresto cardiorespiratorio conseguente a grave trauma vertebro-midollare-cervicale, edema cerebrale, inondazione emorragica del parenchima polmonare e grave riduzione degli scambi gassosi in politraumatizzato” presso il Pronto Soccorso del Policlinico Universitario di Messina, ove era stato trasportato di urgenza.

I giudizi di merito

Dopo una corposa fase istruttoria, il Giudice di primo grado accertava che l’incidente non era stato la conseguenza di una condotta colposa ascrivibile all’autocarro, in particolar modo considerato la presenza di una scalfitura sull’asfalto, l’assenza di segni di frenata, la posizione di quiete assunta dai veicoli, poteva ritenersi comprovato come il sinistro si fosse verificato all’interno della corsia di marcia occupata dal mezzo condotto dall’imputato, che, peraltro, non solo stava procedendo a una velocità particolarmente moderata (in seconda marcia ed in salita), ma aveva anche tentato una manovra di emergenza, sterzando a destra per evitare l’impatto. Le suddette conclusioni sono state integralmente condivise dalla Corte di Appello.

Le parti civili ricorrono per la cassazione della sentenza deducendo mancanza della motivazione sui motivi formulati in appello, nonché illogicità della motivazione in ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro stradale.

Il ricorso in Cassazione

Secondo la loro tesi, i Giudici avrebbero errato nella ricostruzione del sinistro perché tenevano solo in considerazione la geometria dei mezzi nello stato di quiete, omettendo di considerare le risultanze emerse dalla perizia espletata dal CTP, ed in particolare delle misurazioni da quest’ultimo svolte che, in antitesi a quelle operate dal Consulente del P.M., ed acriticamente recepite, dimostrerebbero come il punto d’urto tra i due veicoli sarebbe stato certamente individuabile in corrispondenza della ideale linea di mezzeria, non potendo l’autocarro rimanere all’interno della propria corsia, stante l’assenza dello spazio necessario della carreggiata.

La Suprema Corte rigetta (Corte di Cassazione, IV penale, 2 agosto 2024, n. 31662).

Innanzitutto le censure riguardano la ricostruzione della dinamica dell’incidente stradale e l’interpretazione delle prove assunte e cioè questioni non passibili di valutazione da parte della Cassazione.

Al riguardo viene ricordato che esula dai poteri degli Ermellini la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito.

La Cassazione non può rileggere la ricostruzione dei fatti

Questo significa che la Cassazione non può “rileggere” gli elementi di fatto posti a fondamento della decisione di merito, né adottare diversi parametri di valutazione dei fatti indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili.

Ad ogni modo, la Corte di merito ha dato riscontro ai singoli motivi di appello delle costituite parti civili e ha fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, giustificativi della conferma della decisione di assoluzione dell’imputato.

I Giudici di appello, infatti, hanno logicamente rappresentato le ragioni per cui hanno ritenuto di disattendere le conclusioni raggiunte dal Perito nel suo elaborato, spiegando come la collocazione del punto di impatto in coincidenza della linea di mezzeria non sia risultata fondata su alcun elemento di natura obiettiva, avendo, invece, esplicato tutti i Consulenti e i periti, in senso contrario, come, essendo la carreggiata di 5,80 metri, l’ideale linea di mezzeria dividesse le due corsie in modo tale che entrambe fossero della misura di 2,90 metri, tale da consentire l’intera presenza al suo interno dell’autocarro dell’imputato.

I medesimi Giudici hanno anche precisato che l’unica scalfitura presente sull’asfalto fosse stata individuata nella semicarreggiata occupata dall’autocarro, così rendendo comprovato come l’impatto fosse avvenuto all’interno di tale corsia.

Avv. Emanuela Foligno

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