Scoperto un sistema consolidato con cui camici bianchi e dirigenti di una struttura sanitaria di Catania massimizzavano i ricavi lucrando sui rimborsi pubblici

Avrebbero truffato il sistema sanitario nazionale, massimizzando i ricavi a discapito dei pazienti. E’ l’accusa mossa ad amministratori e medici di una clinica accreditata di Catania finita nel mirino dei carabinieri del Nas. I reati contestati, a vario titolo, sono l’associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, l’abuso d’ufficio e il falso in atto pubblico.

Per gli amministratori è stata disposta l’interdizione dagli uffici direttivi. Per i 4 camici bianchi coinvolti, tra i quali il direttore sanitario della struttura, è scattata invece la sospensione dalla professione. Il Gip, inoltre, ha disposto la chiusura della clinica per un anno, nonché il sequestro preventivo di beni per 105 mila euro.

Le indagini sono state avviate dopo la denuncia di un paziente che si era recato per tre volte in clinica per il ripresentarsi di una formazione anomala all’inguine.

L’uomo era stato dimesso senza l’esecuzione dei necessari esami strumentali, con una diagnosi  di “lipoma” effettuata “a vista”. Inoltre, all’interno della cartella clinica, era stato falsamente attestato il rifiuto del paziente all’esame istologico. A distanza di mesi, l’uomo si era recato in un’altra  struttura pubblica. Qui aveva scoperto che la massa definita “lipoma” era, in realtà, una grave formazione tumorale compatibile con una recidiva di mixofibrosarcoma di grado intermedio.

Il ritardo nella diagnosi ha cagionato nel paziente una crescita incontrollata della neoplasia. Sarebbero insorte metastasi diffuse in una pluralità di regioni del corpo, con aumento del rischio di recidiva. Il tutto in aggiunta a una compromissione della funzione deambulatoria determinata causa dai diversi interventi chirurgici subiti.

L’attività investigativa ha fatto emergere come esistesse una prassi consolidata tra i dirigenti, gli amministrativi e i sanitari della clinica.

Per alcune prestazioni sanitarie, per le quali era previsto un rimborso da parte del Ssn, venivano omessi gli esami strumentali. In tal modo si riducevano al minimo le spese per la clinica. Sarebbero stati i medici, basandosi su intuito ed esperienza, a decidere quando fare approfondimenti clinici e quando evitare l’esame istologico. Laddove il medico optasse per lo svolgimento degli approfondimenti diagnostici veniva richiesto al paziente il pagamento di una somma di denaro pari ad 80 euro. In tal modo si trasformava un esame gratuito in una prestazione privata.

Complessivamente i carabinieri hanno sequestrato più di 4000 cartelle cliniche da cui sarebbero emerse migliaia di false attestazioni mediche sulle dimissioni dei pazienti. In un caso addirittura, una consulenza grafologica dimostrerebbe che il direttore sanitario della clinica, all’atto della prestazione del consenso informato, si sarebbe sostituito al paziente, falsificandone la firma.

 

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