Cattivo stato di manutenzione della strada (Cassazione Civile, sez. VI, 28/06/2022, dep. 28/06/2022, n.20700).
Cattivo stato di manutenzione della strada e decesso dell’automobilista.
La Corte d’Appello di Napoli ha confermato la decisione di rigetto della domanda proposta dai congiunti dell’automobilista deceduto, per la condanna dell’Anas al risarcimento dei danni subiti a seguito del decesso della sorella, verificatosi in occasione del sinistro stradale.
I Giudici d’Appello rilevavano la correttezza della decisione di primo grado nella parte in cui veniva esclusa la sussistenza di un nesso di causalità tra il cattivo stato di manutenzione del tratto stradale luogo del sinistro (sotto la gestione dell’Anas), e il sinistro, dovendo ricondursi quest’ultimo all’esclusiva responsabilità della stessa vittima che non adeguava appropriatamente la propria condotta di guida.
I congiunti ricorrono in Cassazione, deducendo che la Corte territoriale avrebbe erroneamente fondato la propria decisione sui contenuti della consulenza tecnica disposta nel corso delle indagini preliminari seguite alla verificazione dell’evento lesivo, con la conseguente illegittima attribuzione del valore di prova a un atto non depositato dalle parti in giudizio e non formata nel contraddittorio delle stesse.
La doglianza è inammissibile.
Ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, il ricorso è inammissibile quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.
Anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile, integra l’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di cui all’art. 360-bis c.p.c., n. 1, con conseguente dichiarazione di inammissibilità del relativo ricorso per cassazione che non ne contenga valide critiche.
I Giudici d’Appello hanno escluso elementi di prova sufficienti ad attestare il ricorso di un nesso di causalità tra le condizioni del cattivo stato di manutenzione del manto stradale percorso dalla vittima al momento del fatto e il sinistro della specie verificatosi, avvalendosi, in misura determinante, degli accertamenti contenuti nella consulenza tecnica svolta in seno al procedimento penale.
I Giudici d’Appello, nell’utilizzare gli esiti della Consulenza del Pubblico Ministero, hanno correttamente applicato l’indirizzo secondo cui “il Giudice civile può utilizzare come fonte del proprio convincimento anche gli elementi probatori raccolti in un giudizio penale, ed in particolare le risultanze della relazione di una consulenza tecnica esperita nell’ambito delle indagini preliminari, soprattutto quando la relazione abbia ad oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i giudizi”.
Nello specifico, sottolineano gli Ermellini, la giurisprudenza ha evidenziato il carattere decisivo, ai fini della legittimità della prova acquisita da altro procedimento, della circostanza costituita dalla conservata possibilità, per la parte che vi abbia interesse, di prenderne cognizione e di contestarne le risultanze e di allegare prove contrarie.
I ricorrenti non si sono confrontati con il predetto orientamento, essendosi limitati a evidenziare la circostanza, del tutto irrilevante, della mancata produzione di tale documentazione su iniziativa delle parti, e ad esprimere il proprio dissenso circa la possibilità di utilizzare, ai fini della prova, le informazioni e la documentazione acquisita dal consulente tecnico d’ufficio da altri procedimenti, senza tener conto del carattere pacifico dell’utilizzabilità, ai fini della decisione, di tutti gli elementi di prova comunque ritualmente acquisiti al processo attraverso la consulenza tecnica (in quanto attinenti ai fatti di causa e, dunque, pienamente attinenti ai compiti ricostruttivi affidati all’ausiliario del giudice), e pacificamente sottoposti al contraddittorio delle parti e al relativo potere di contestazione e di offerta probatoria contraria.
Le altre doglianze dei ricorrenti, riguardano la violazione dell’art. 2697 c.c. e sono finalizzate a una rivisitazione delle risultanze probatorie, non consentita in sede di legittimità.
Il ricorso viene dichiarato inammissibile.
Avv. Emanuela Foligno
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