Paziente deceduta dopo un intervento chirurgico: la Cassazione ha confermato il ragionamento seguito dai giudici di merito. Nessuna colpa medica perché le chances di sopravvivenza della paziente erano soltanto ipotetiche
La vicenda
La Corte d’appello di Milano aveva confermato il rigetto della domanda di risarcimento danni proposta dagli eredi, rispettivamente marito e figli, di una paziente deceduta in Ospedale dopo un intervento chirurgico di asportazione di tumore al timo cui era stata sottoposta nel marzo del 2006.
La Corte di Cassazione (Terza Sezione Civile, n. 28993/2019) ha affrontato la vicenda affermando che “ove risulti sul piano eziologico che la condotta imperita del sanitario abbia cagionato la morte anticipata del paziente, che sarebbe (certamente o probabilmente) sopravvissuto più a lungo e in condizioni di vita (fisiche e spirituali) diverse e migliori per il periodo specificamente indicato dal CTU (sia pure con gli inevitabili margini di approssimazione), non è lecito parlare di «maggiori chance di sopravvivenza», bensì di un evento di danno rappresentato, in via diretta ed immediata, dalla minore durata della vita e dalla sua peggiore qualità (fisica e spirituale)”.
Viene in tal modo scongiurato il rischio di confondere il grado di incertezza della chance perduta con il grado di incertezza sul nesso causale.
Il nesso di causalità sarà infatti escluso – al di là ed a prescindere dall’esistenza della possibilità di un risultato migliore – dalla presenza di fattori alternativi che ne interrompano la relazione logica con l’evento (quale il sopravvenire di altra patologia determinante di per sé sola dell’exitus o di altri eventi ascrivibili alla condotta di terzi o dello stesso danneggiato).
Ne consegue che provato il nesso casuale secondo le ordinarie regole civilistiche del danno accertato nella sua esistenza e nelle sue conseguenze, il risarcimento di tale pregiudizio dovrà essere integrale.
Qualora invece il danno sia identificato con una “possibilità perduta”, tale possibilità integra gli estremi della chance, la cui risarcibilità consente di temperare equitativamente il criterio risarcitorio del cd. all or nothing, senza per questo essere destinata ad incidere sui criteri di causalità, né ad integrarne il necessario livello probatorio.
La decisione
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dai familiari della vittima dal momento che mancava qualsiasi margine di apprezzabilità in ordine alla asserita perdita di chance di sopravvivenza della loro congiunta, avendo la CTU espletata in primo grado, compiuto una valutazione «in termini di possibilità di sopravvivenza assolutamente generica ed ipotetica anche in considerazione della elevata mortalità di eventi astrattamente confrontabili con quello in esame, la disseccazione acuta dell’aorta, che può portare ad una percentuale di mortalità del 15-20% in reparti ad altissima specializzazione come sono quelli di cardiochirurgia».
I giudici della Suprema Corte hanno invece condiviso il ragionamento seguito dalla corte territoriale secondo cui la possibilità che la paziente sarebbe sopravvissuta alla situazione ingravescente anche se fosse stata curata con assistenza di specialisti diversi e con differenti apparecchiature, tenuto anche conto delle sue condizioni generali di salute precedenti ai ritardi terapeutici e dei rischi di trasferimento presso altra struttura sanitaria con concreto pericolo di arresto cardiaco, era talmente labile e teorica da non poter essere determinata neppure in termini statistici e scientifici probabilistici e ancor meno, equitativamente quantificata.
Il ricorso è stato integralmente rigettato.
Avv. Sabrina Caporale
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