È legittimo il licenziamento disciplinare fondato sulla violazione del generale dovere di ordinaria diligenza cui è tenuto il lavoratore

La vicenda

La Corte d’Appello di Roma aveva dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare senza preavviso disposto dall’INPS nei confronti di un proprio dipendente che, nella qualità di addetto con qualifica contrattuale B2, in concorso con altri, aveva alterato i dati di alcune pratiche di ricongiunzione di periodi assicurativi o riscatti di periodi di laurea.

In primo grado, il Tribunale aveva ritenuto non sufficientemente provati i fatti addebitati al lavoratore e aveva inoltre, ritenuto irrilevante l’esistenza di un danno effettivo lamentato dall’Istituto, atteso il numero esiguo delle pratiche contestate.

I giudici dell’appello avevano poi ribaltato l’esito del processo ritenendo il predetto dipendente responsabile di non aver lavorato diligentemente le pratiche e di aver determinato in tal modo, il danno lamentato dall’Istituto. Tale danno, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado, non era né esiguo e neppure irrilevante, “sia perché persisteva la gravità dei fatti e l’idoneità a ledere il rapporto fiduciario, sia per l’entità del danno stesso, di poco minore della somma di Euro 400.000,00”.

Irrilevante, poi il fatto che agli altri soggetti anch’essi coinvolti nell’accordo, fossero state irrogate sanzioni conservative.

La vicenda è giunta sino ai giudici della Suprema Corte di Cassazione che hanno confermato la decisione impugnata.

Come premesso, la contestazione riguardava alcun e irregolarità amministrative addebitate al dipendente dell’INPS “in particolare per avere proceduto al calcolo degli oneri prendendo a riferimento la data – sempre notevolmente antecedente a quella della lavorazione – apposta manualmente sulla domanda senza protocollo o timbro di ricevimento e quindi priva di data certa”.

Al riguardo il lavoratore si era giustificato sostenendo che in mancanza di data certa, risultante da lettera raccomandata o da protocollo di arrivo, le pratiche dovevano essere istruite dando alle stesse la data del giorno in cui l’operatore le avrebbe lavorate.

La decisione

Il motivo non è stato accolto. Invero, i giudici della Suprema Corte (Sezione Lavoro, sentenza n. 52897/2019) hanno ritenuto coerente sul piano giuridico e fattuale la ricostruzione operata dalla corte dall’appello che, a fronte del chiaro dettato normativo (L. n. 274 del 1991, art. 7 “Riscatti”, comma 5 e art. 9 “Ricongiunzione“, comma 2), aveva affermato che in caso di presentazione di una domanda con modalità diverse da quella della spedizione con raccomandata o presentazione a mano, la pratica avrebbe dovuto essere lavorata secondo i dati in possesso alla data della lavorazione stessa, e non ad un momento arbitrariamente individuato e antecedente.

Restava inoltre, il fatto che il lavoratore avrebbe potuto confrontarsi con gli altri colleghi, e chiedere, formalmente agli interessati di produrre elementi che potessero giustificare ufficialmente la presentazione della pratica in un momento diverso, così tenendo un comportamento trasparente, senza generare incertezze in ordine al modus operandi per le irregolarità che erano poi state riscontrate.

In buona sostanza, il lavoratore aveva tenuto un comportamento contrario all’ordinaria diligenza.

Per queste ragioni, la Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato in via definitiva il provvedimento di licenziamento.

La redazione giuridica

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