Il coniuge della vittima conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Vicenza, l’Azienda Ulss n. 5 Ovest Vicentino della Regione Veneto, l’Azienda ULSS n. 6 “VICENZA” della Regione Veneto e il Primario direttore U.O.C. di medicina dell’Ospedale di Valdagno, chiedendo il risarcimento del danno per la morte del marito cagionata dal ritardo diagnostico di “adenocarcinoma pancreatico” per negligenza professionale.
La donna deduce che una diagnosi tempestiva avrebbe consentito di apprestare cure efficaci (intervento terapeutico chirurgico e/o oncologico), evitando e/o contenendo lo sviluppo del carcinoma pancreatico e, in ogni caso, limitando le sofferenze del paziente e prolungandone la vita.
Il Tribunale di Vicenza rigettava la domanda e osservava che “vi erano stati cinque ricoveri presso l’ospedale di Valdagno, che soltanto nel quarto era stato commesso un errore di diagnosi, con la mancata esecuzione degli accertamenti doverosi, ma che tuttavia, anche se questi accertamenti fossero stati eseguiti, il paziente sarebbe deceduto ugualmente.”
Il ricorso in Corte di Appello
Avverso detta sentenza propose appello l’attrice e la Corte di Venezia confermava il rigetto della domanda.
I Giudici di Appello osservavano che per affermare il nesso causale era necessario che la parte avesse allegato la mancata o insufficiente indagine diagnostica anche in relazione ai primi tre ricoveri, i quali però erano stati fatti due anni, sei e tre mesi prima del quarto, ma su tale punto fondamentale della causa l’appellante non aveva formulato deduzioni significative.
La CTU, invece, aveva escluso che nei tre ricoveri precedenti fra il 25 maggio e il 1° luglio 2009 il tumore fosse già in atto, precisando altresì che nel quinto ricovero del 13 novembre 2011, a distanza di sei giorni dal quarto, non erano emersi errori diagnostico-metodologici. La RNM del 29 novembre 2011 aveva evidenziato lesioni epatiche e formazioni cistiche nel pancreas, che all’esito di diagnosi citologica erano risultate essere “neoplasia epiteliomorfa maligna”.
Aggiunse, citando le conclusioni della consulenza, che “… l’assenza assoluta di sintomatologia nei due anni intercorsi fra il terzo e il quarto episodio di pancreatite, la negatività degli approfondimenti radiologici effettuati, la presenza di due ravvicinati episodi di pancreatite nel corso del 2011 (fine ottobre-fine novembre) e la forte positività ai marcatori tumorali riscontrata durante l’ultimo ricovero indicano che la neoplasia, fortemente aggressiva, sia insorta recentemente rispetto alla diagnosi e che sia il fattore eziologico degli episodi di pancreatite avvenuti nel 2011″, da cui la conclusione della Corte secondo cui “lo sviluppo e l’esito letale della malattia non sarebbero stati diversi se gli accertamenti correttamente eseguiti il 29 novembre 2011 (quinto ricovero) fossero stati eseguiti il 30 ottobre 2011 (quarto ricovero)”.
I giudici di Appello escludono il ritardo diagnostico
Con riferimento alle visite ambulatoriali precedenti, avvenute il 3-30 giugno 2009, il 7-14 luglio 2010 ed il 13 agosto 2010, i Giudici di Appello escludevano il ritardo diagnostico e che fossero stati commessi errori, ed in particolare: quanto all’anno 2009, nel ricovero del 1° luglio 2009 la condotta dei sanitari era stata correttamente impostata per essere stati eseguiti tutti gli esami strumentali necessari. In data 20.7.2009 era correttamente eseguita RMN dell’addome superiore e MRCP che non evidenziava significative alterazioni o difetti di riempimento ed escludeva quindi la presenza di patologia tumorale”, come da CTU.
Quanto al 2010, dai certificati prodotti, relativi a visite ambulatoriali di controllo, non era emersa l’esistenza di alcun problema specifico (i consulenti avevano evidenziato che non era stata riportata la presenza né di dolore addominale, né di altra sintomatologia riferibile a episodi pancreatici, e ribadito che “… l’assenza di qualsiasi evidenza di episodi pancreatici dal terzo – luglio 2009 – e il quarto ricovero – ottobre 2011 – non permette di condividere l’ipotesi dei consulenti di parte secondo la quale gli esami ecografici sarebbero stati eseguiti per episodi di addominalgia riferibile a pancreatite“).
Il ricorso in Cassazione
La decisione viene impugnata in Cassazione che, tuttavia, rigetta il ricorso (Cassazione Civile, sez. III, 09/02/2024, n.3740).
Osserva la moglie del paziente deceduto che la Corte territoriale non avrebbe esaminato le critiche alla CTU e alla sentenza di primo grado svolte nell’atto di appello, ma si sarebbe limitata a riprodurre pedissequamente il percorso argomentativo del primo Giudice, sulla scorta della CTU, senza alcuna disamina delle censure proposte dall’appellante, per cui i motivi di appello sono rimasti senza risposta.
La doglianza è priva di pregio perché il Giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del CTU che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei Consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei CTP, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive.
La Consulenza Tecnica di Ufficio
La Corte di Appello ha affermato che i Consulenti avevano evidenziato che non era stata riportata la presenza né di dolore addominale, né di altra sintomatologia riferibile a episodi pancreatici, e ribadito che “… l’assenza di qualsiasi evidenza di episodi pancreatici dal terzo (luglio 2009) e il quarto ricovero (ottobre 2011) non permette di condividere l’ipotesi dei consulenti di parte secondo la quale gli esami ecografici sarebbero stati eseguiti per episodi di addominalgia riferibile a pancreatite“.
L’avere basato la decisione sulla CTU, la quale ha tenuto conto, replicandovi, dei rilievi del CTP, esclude che possa ravvisarvi un vizio di inesistenza della motivazione, né tanto meno di omessa pronuncia su motivi di appello, essendo al riguardo chiara la ratio decidendi della sentenza, nel senso del recepimento argomentato delle conclusioni della CTU.
Riguardo al quarto ricovero (in seno al quale era stato commesso l’accertato errore di diagnosi), i Giudici di Appello hanno concluso nel senso che “lo sviluppo e l’esito letale della malattia non sarebbero stati diversi se gli accertamenti correttamente eseguiti il 29 novembre 2011 (quinto ricovero) fossero stati eseguiti il 30 ottobre 2011 (quarto ricovero)” (per essere la neoplasia “insorta recentemente rispetto alla diagnosi” e per costituire il fattore eziologico degli episodi di pancreatite avvenuti nel 2011), e, quanto ai precedenti ricoveri, nel senso che “la condotta dei sanitari era stata correttamente impostata per essere stati eseguiti tutti gli esami strumentali necessari, mentre, circa l’anno 2010, dai certificati prodotti, relativi a visite ambulatoriali di controllo, non era emersa l’esistenza di alcun problema specifico”.
Si tratta di giudizi di fatto riservati al Giudice del merito.
Avv. Emanuela Foligno