Danno da perdita della vita, lucida agonia e risarcibilità iure hereditatis

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La Cassazione torna sul danno da perdita della vita. Con la decisione a commento, la Corte di Cassazione ha escluso la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita in assenza di lucida agonia (Cassazione Civile, sez. III, 12 giugno 2024, n. 16348).

La vicenda

Il caso riguarda un tragico sinistro stradale avvenuto il 27/3/2003 che vede il decesso del terzo trasportato dopo tre giorni di stato comatoso.

Dopo numerosi anni di lavorio giurisprudenziale intervenuto sull’argomento della “lucida agonia” e sul ragionevole “lasso di tempo” necessario per la configurabilità della relativa posta risarcitoria, la Suprema Corte ritorna a pronunziarsi sulla tematica della trasmissibilità iure hereditatis della consapevolezza della imminente morte.

I genitori e i fratelli della trasportata agiscono in giudizio per ottenere la condanna del conducente e del proprietario dell’autovettura al ristoro dei danni conseguenti. Il Tribunale di Cassino accoglie parzialmente le domande escludendo la risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita.

La Corte d’Appello di Roma esclude anch’essa la risarcibilità del pregiudizio da perdita della vita iure hereditatis.

L’intervento di rigetto della Corte di Cassazione

I congiunti della vittima sostengono che la Corte territoriale non abbia applicato i principi affermati da Cass. n. 1361/2014, che non sono stati esplicitamente esclusi dalle Sezioni Unite con successiva sentenza n. 15350/2015.

Osservano al riguardo che:

  • a) costituisce danno non patrimoniale risarcibile anche il danno da perdita della vita, quale bene supremo dell’individuo, oggetto di un diritto assoluto e inviolabile garantito in via primaria da parte dell’ordinamento, anche sul piano della tutela civilistica;
    b) detto danno, in ragione del diverso bene tutelato, è diverso dal danno alla salute, e, pertanto, si differenzia sia dal danno biologico terminale che dal danno morale terminale (detto anche catastrofale o catastrofico) della vittima;
    c) detto danno va riconosciuto a prescindere dalla consapevolezza che il danneggiato ne abbia e, quindi, anche in caso di morte così detta “immediata o istantanea”, senza che assumano, pertanto, al riguardo rilievo né il presupposto della persistenza in vita per un apprezzabile lasso di tempo successivo al danno evento da cui è derivata la morte né il criterio della intensità della sofferenza subita dalla vittima per la cosciente e lucida percezione dell’ineluttabile sopraggiungere della propria fine;
    d) il diritto al ristoro del danno da perdita della vita viene acquisito dalla vittima istantaneamente al momento della lesione mortale (e, quindi, anteriormente, all’exitus letale);
    e) il diritto al risarcimento del danno da morte è trasmissibile iure hereditatis: sia perché solo chi è in vita può morire; sia perché sarebbe contraddittorio risarcire il danno conseguente alla perdita del bene della salute ma non anche quello conseguente alla perdita del bene della vita, che del costituisce l’ineludibile presupposto; sia perché tale diritto, tramite la successione ereditaria, contribuisce ad incrementare l’eredità lasciata dalla vittima ai propri congiunti, per cui il danno resta pur sempre rapportato ad un soggetto legittimato a far valere il credito risarcitorio.

Aggiungono che, in caso di lesione dell’integrità fisica con esito finale – come per l’appunto nella specie, nel quale il decesso si è verificato dopo alcuni giorni di stato comatoso – non può dirsi che il soggetto è venuto meno nello stesso momento in cui è sorto il credito risarcitorio.

Superata la sentenza di Cassazione n. 1361/2014

Ebbene, conformandosi a Cass., Sez. Un., 22 luglio 2015, n. 15350, la Suprema Corte conferma la correttezza della sentenza di appello. La risarcibilità iure hereditatis del danno da perdita della vita è stata (correttamente) esclusa dai Giudici di merito perché la vittima, al momento del sinistro, era in stato di coma profondo e, pertanto, il decesso era verosimilmente intervenuto in assenza di “lucida agonia”.

La decisione si presenta allineata all’orientamento che, a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite sopra menzionata, è da dirsi consolidato (Cass. 25 ottobre 2016, n. 21453; Cass.9 marzo 2017, n. 6035; Cass. 30 novembre 2018, n. 2111; Cass.13 febbraio 2019, n. 4146; Cass. 11 novembre 2019, n. 28989; Cass.26 maggio 2020, n. 9861; Cass. 12 giugno 2020, n. 11279).

Ergo può dirsi del tutto superata quell’isolata posizione di Cass. 23 gennaio 2014, n. 1361 che aveva ammesso la risarcibilità del danno da perdita della vita, a prescindere dalla consapevolezza che ne avesse il paziente, e quindi anche nelle ipotesi di morte immediata o istantanea.

Avv. Emanuela Foligno

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