È qualificabile come ingiuria e non come diffamazione la condotta di chi pubblica commenti offensivi e giudizi lesivi della persona offesa su facebook, comunicando in video chat con modalità accessibili ad un numero indeterminato di persone
I commenti offensivi e gli insulti
La Corte di Appello di Milano aveva confermato la condanna a 600,00 euro di multa comminata dal giudice di primo grado ad un uomo ritenuto responsabile del reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p., per avere offeso la vittima, pubblicando commenti e giudizi lesivi della sua reputazione su facebook e comunicando con video chat, con modalità accessibili ad un numero indeterminato di persone.
Contro tale decisione il difensore dell’imputato aveva proposto ricorso per cassazione lamentando la violazione di legge in relazione all’art. 595 c.p., per avere ritenuto sussistente il reato di diffamazione, anzichè la fattispecie di ingiuria: deduceva, infatti, che gli insulti erano stati rivolti attraverso una chat vocale su una piattaforma diversa dalle altre piattaforme chat digitali, che sono leggibili anche da più persone; in tal caso, il destinatario dei messaggi era solo la persona offesa e la video chat aveva carattere temporaneo, sicchè non sarebbe venuto in rilievo la fattispecie in cui il messaggio offensivo sarebbe stato visionato anche da altri utenti.
Il Supremo Collegio (Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, sentenza n. 10905/2020) ha accolto il ricorso perché fondato.
Era stato accertato che le espressioni offensive fossero state pronunciate dall’imputato mediante comunicazione telematica diretta alla persona offesa, ed alla presenza, altresì, di altre persone invitate nella chat vocale.
Ciò posto, i giudici del Palazzaccio hanno rammentato che l’elemento distintivo tra l’ingiuria e la diffamazione è costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore (Sez. 5, n. 10313 del 17/01/2019).
La decisione
Facendo applicazione di tali principi di diritto, la Corte di merito avrebbe dovuto qualificare il fatto come ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, ai sensi dell’art. 594 c.p., u.c., che, ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, art. 1, comma 1, lett. c), è stato depenalizzato.
Per queste ragioni, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio, perchè il fatto, così riqualificato, non è più previsto dalla legge come reato.
Avv. Sabrina Caporale
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Giusta la distinzione evidenziata nell’articolo: l’elemento di distinzione tra ingiuria e diffamazione è proprio la “direzione della comunicazione”. Questo è importante anche perché di recente la giurisprudenza ha riconosciuto la diffamazione in casi dove la persona offesa faceva parte dello stesso gruppo (ad esempio whatsapp) ma la comunicazione non era ad essa diretta, e lei era venuta a conoscenza dell’offesa in momento successivo rispetto ad altri membri.