La normativa vigente nonché la giurisprudenza della Cassazione stabiliscono  che le spese devono essere ripartite in base all’effettivo consumo di ciascun condomino

Con una sentenza dello scorso 30 gennaio il Tribunale di Roma si è pronunciato sulla controversia tra alcuni condomini e l’amministrazione condominiale circa la ripartizione delle spese sui consumi di acqua. I condomini, in particolare, avevano agito in giudizio nei confronti del condominio per ottenere l’annullamento della delibera assembleare in base alla quale veniva stabilita la suddivisione della spesa in parti uguali nonostante in ciascun appartamento fosse stato installato un apposito contatore, che consentiva di rilevare i consumi effettivi di ciascun appartamento.
Il Giudice ha ritenuto effettivamente fondata la doglianza dei condomini, dichiarando la nullità del provvedimento da questi impugnato. Il Tribunale ha fatto riferimento, in particolare, a una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 17557/2014, in cui gli Ermellini hanno precisato che, all’interno del condominio, le spese relative ai consumi di acqua “devono essere ripartite in base all’effettivo consumo se questo è rilevabile oggettivamente con strumentazioni tecniche”. I consumi relativi alle parti comuni dell’edificio, invece, devono essere ripartiti in base ai millesimi di proprietà di ciascun condomino.
Il criterio stabilito dal Palazzaccio, peraltro, è conforme a quanto stabilito dall’articolo 1123 del  codice civile, in virtù del quale le spese relative a cose destinate a servire i vari condomini in misura diversa, devono essere ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne. L’accertata decisione dell’Assemblea di ripartire il consumo di acqua in parti uguali, pertanto, secondo il Giudice di primo grado è da ritenersi illegittima in quanto contrastante sia con la normativa vigente che con la giurisprudenza di legittimità.

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