Spetta al condomino, che pretenda l’appartenenza esclusiva di un bene quale un cortile condominiale, dare prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario; in difetto di tale prova, il bene deve ritenersi appartenente – indistintamente – a tutti i condomini

Il cortile condominiale

L’area esterna di un edificio condominiale, con riguardo alla quale manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, va ritenuta di presunta natura condominiale, ai sensi dell’art. 1117 c.c.

Si intende, peraltro, come cortile, agli effetti dell’art. 1117 c.c., qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensiva dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – sebbene non menzionati espressamente nel medesimo art. 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, 09/06/2000, n. 7889).

La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 c.c. e ss., si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto.

È quanto ha affermato la Seconda Sezione Civile della Cassazione (ordinanza n. 3852/2020) nell’ambito di una vicenda avente ad oggetto l’accertamento della natura condominiale di un cortile comune a più edifici.

La vicenda

Nella specie, si aveva riguardo a uno spazio esterno adiacente ai cinque fabbricati del medesimo condominio e, adibito a parco alberato ed ad area di manovra per i veicoli, dunque astrattamente utilizzabile per consentire l’accesso agli stessi edifici, e perciò da qualificare come cortile, ai fini dell’inclusione nelle parti comuni dell’edificio elencate dall’art. 1117 c.c.

Dalle emergenze documentali era stato accertato che il condominio in questione fosse stato costruito nel giugno del 1982, allorché le unità abitative con i relativi terreni pertinenziali erano state vendute dalla società costruttrice e si era quindi avuto l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà.

Da quel momento, doveva pertanto, ritenersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio (Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766).

La prova della proprietà esclusiva

Mancava, infatti, nel titolo costitutivo originario una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alla società costruttrice la (pretesa) proprietà dell’area scoperta, perdendo, in tal modo, il diritto di disporre validamente della stessa area cortilizia come proprietario unico di detto bene.

È consolidato l’orientamento giurisprudenziale ad avviso del quale spetta al condomino, che pretenda l’appartenenza esclusiva di un bene, quale appunto un cortile, compreso tra quelli elencati espressamente o per relationem dall’art. 1117 c.c., dar prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario (non essendo determinanti, a tal fine, nè le risultanze del regolamento di condominio, nè l’inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino, nè i dati catastali); in difetto di tale prova, infatti, deve essere affermata l’appartenenza dei suddetti beni indistintamente a tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 07/05/2010, n. 11195; Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5633; Cass. Sez. 2, 15/06/2001, n. 8152; Cass. Sez. 2, 04/04/2001, n. 4953).

Ebbene, a conclusione del giudizio civile, il Supremo Collegio ha affermato i seguenti principi di diritto:

1) L’individuazione delle parti comuni – come, nella specie, i cortili o qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti o sia destinata a spazi verdi, zone di rispetto, parcheggio di autovetture – operata dall’art. 1117 c.c. non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali (cfr. Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449).

2) La comproprietà delle parti comuni dell’edificio indicate nell’art. 1117 c.c. sorge, invero, nel momento in cui più soggetti divengono proprietari esclusivi delle varie unità immobiliari che costituiscono l’edificio, sicché, per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva – i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, le parti comuni – la situazione condominiale è opponibile ai terzi dalla data dell’eseguita formalità (Cass. Sez. 2, 09/12/1974, n. 4119).

La redazione giuridica

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