La Regione risarcisce il danno subito per l’impatto con un cinghiale; la legge n. 157/92 affida espressamente all’Ente il compito del controllo della fauna selvatica

La vicenda

La vicenda trae origine dalla sentenza con la quale il giudice di Pace di Casalbordino aveva condannato la Regione Abruzzo al pagamento della somma di 2.840,37 euro in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento dei danni riportati dal suo veicolo, nell’occasione condotto dalla moglie, a seguito dell’impatto con un cinghiale, verificatosi su una strada provinciale del territorio abruzzese.

Contro tale pronuncia la Regione aveva proposto appello al Tribunale dell’Aquila chiedendone la riforma, con rigetto della pretesa risarcitoria: deduceva il proprio difetto di legittimazione passiva (perché dei danni cagionati dalla fauna selvatica avrebbe dovuto rispondere la Provincia, anche quale proprietaria della strada teatro del sinistro); l’errata valutazione delle risultanze istruttorie e il vizio di motivazione (per violazione dei principi inerenti la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., delle regole di riparto dell’onere probatorio, non avendo la parte attrice in primo grado assolto l’onere probatorio su di essa gravante, con particolare riguardo ai profili della colpa dell’Ente).

Ebbene, l’appello è stato dichiarato infondato (Tribunale di L’Aquila, sentenza n. 970/2019). “Non sussiste la carenza di legittimazione passiva della Regione” – ha affermato il giudice di secondo grado.

Il riferimento normativo

Ai sensi della legge n. 157/92, la fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile dello Stato; spetta alle Regioni il compito di emanare norme che disciplinino la gestione e la tutela della medesima ed alle Province il compito di attuare la disciplina regionale ai sensi dell’art. 14 comma 1, lettera f), della legge 8 giugno 1990, n. 142; tuttavia, è alla Regione che la legge n. 157/92 affida espressamente il compito del controllo della fauna selvatica stessa (art. 19).

In altre parole, il legislatore nazionale ha fatto della questione del controllo un compito a sé stante, affidandolo alla Regione. Si tratta di un compito che, essendo fatto oggetto di una previsione ad hoc, si distingue e non viene assorbito nella generale attuazione della disciplina regionale demandata alla Provincia (art. 3, 1° comma, legge n. 157/92).

Del resto, – ha aggiunto il Tribunale dell’Aquila, “l’art. 19 D.lgs n. 267/00 attribuisce tra l’altro alle Province delle funzioni di “e) protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali; f) caccia e pesca nelle acque interne”; e tuttavia, il tema del controllo della fauna selvatica non attiene specificamente ed esclusivamente alla materia della caccia e riguarda essenzialmente la protezione “dalla” fauna selvatica (e dai danni essa può cagionare) più che “della” fauna medesima”.

Ciò detto, è stato anche evidenziato che l’art. 55 della legge regionale n. 10/04 prevede tra i finanziamenti regionali in favore della amministrazioni provinciali una quota da destinare al risarcimento dei danni arrecati alla fauna selvatica, limitatamente al risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole ed agli allevamenti, non anche i danni arrecati a cose o persone circolanti su strade. Ed invero, i finanziamenti a suo tempo stanziati dalla Regione Abruzzo per i risarcimenti inerenti gli incidenti stradali causali dalla fauna selvatica a persone o cose di cui alla legge n. 10/03, erano stati destinati interamente al ristoro dei danni causati all’agricoltura e alla zootecnia.

Insomma la Provincia era sprovvista di risorse finanziarie per far fronte alle funzioni delegate di controllo della fauna selvatica.

Per queste ragioni, nonostante la pronuncia, relativamente recente di segno opposto della Cassazione (Cass. n. 12808/2015), l’adito giudice di secondo grado ha ritenuto di dover aderire al diverso e maggiormente consolidato orientamento secondo cui la legittimazione passiva, per i danni oggetto della vicenda in esame, spetta alla Regione.

Quanto al merito, le risultanze processuali avevano provato sia lo scontro con l’animale e il danno al veicolo; sia la colpa della Regione ed il nesso causale col sinistro.

Il teste in servizio presso la Stazione del Corpo Forestale aveva infatti dichiarato che, soprattutto nei comuni limitrofi la zona dell’incidente, fossero frequenti i sinistri causati dalla sovrabbondante popolazione di animali, la cui intensa proliferazione sul territorio si era registrata sin dalla fine degli anni ’90, e che all’epoca dei fatti non erano attive forme di selecontrollo volte a ridurne il numero.

La decisione

La giurisprudenza ha più volte affermato che “… la gestione della fauna selvatica incombente sulla Regione … non comporta ex se che qualunque danno a vetture circolanti cagionato da essa sia addebitabile all’Ente, essendo necessaria l’allegazione o quantomeno la specifica indicazione di una condotta omissiva efficiente sul piano della presumibile ricollegabilità del danno (quale la anomala incontrollata presenza di molti animali selvatici sul posto – l’esistenza di fonti incontrollate di richiamo di detta selvaggina verso la sede stradale – la mancata adozione di tecniche di captazione degli animali verso le aree boscose e lontane da strada e agglomerati urbani etc.)” (Cass. n. 9276 del 2014).

Ebbene, nel caso in esame, la sovrabbondanza di fauna selvatica nella zona ed il previo verificarsi di altri sinistri stradali consistiti in scontri con animali selvatici nonché l’insussistenza, all’epoca dei fatti, di attività di caccia di selezione volta a contenerne il numero, attestava la negligenza della Regione nello svolgimento dei propri compiti di controllo. In altre parole l’eccessivo proliferare degli animali nella zona, liberi di accedere continuamente su strade carrabili, era stato causato proprio dalla negligenza dell’Ente; ciò aveva reso pericolosa la circolazione anche ove si fosse adottata, come nel caso di specie, una condotta di guida adeguata alle circostanze.

Per queste ragioni, l’appello è stato respinto con condanna della Regione anche alla rifusione delle spese di giudizio.

La redazione giuridica

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