Il 13 gennaio 2012 il naufragio della Costa Concordia davanti l’Isola del Giglio: 32 morti, 157 feriti e superstiti, come Mara Parmegiani, ancora in attesa di un risarcimento per il danno subito.

Mara Parmegiani, raggiunta telefonicamente da Responsabile Civile, è un fiume in piena. A pochi giorni dal quarto anniversario del naufragio della Costa Concordia non getta la spugna, anzi. Esattamente il 13 di gennaio verrà dato alle stampe il suo secondo libro dedicato a quel tragico evento dal titolo “L’affaire Concordia storia e misteri” che conterrà tra l’altro foto inedite scattate all’interno del relitto quando già si trovava nel porto di Genova e un’accurata analisi sulle perizie tecniche effettuate dagli esperti incaricati dal Tribunale di Grosseto.

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Giornalista ed esperta di moda la Parmegiani è ancora in attesa di un risarcimento del danno subito in seguito al naufragio, un danno che ben tre perizie hanno stimato del valore di un milione e 200mila euro, non esattamente una cifra da poco, sopratutto se rapportata a quegli 11mila euro o poco più con cui la compagnia ha risarcito gli altri passeggeri.

«L’ufficio legale mi aveva promesso che entro dicembre saremmo arrivati a un compromesso, in realtà non è accaduto nulla» commenta amaramente la Parmegiani che, su quella maledetta nave aveva portato la sua intera collezione di abiti d’epoca ( dagli anni 50 agli anni 90) firmati dai più grandi stilisti esponenti del Made in Italy (Valentino, Furstemberg, Sorelle Fontana, Gay Mattiolo, Antonelli, Ferrè, solo per citarne alcuni).

Una perdita non solo economica ma rilevante anche per la storia della moda e del costume e che già aveva fatto il giro del mondo riscuotendo vasti apprezzamenti. Gli abiti sarebbero dovuti servire a girare un format televisivo che chiaramente non venne più fatto, ma non fu l’unico contratto saltato spiega ancora la Parmegiani «mi avevano anche offerto di partecipare al Fashion week di San Pietroburgo ma dovetti rinunciare per cause di forza maggiore».

Una risata amara copre tutto il racconto, lei che, scrupolosamente prima si è rivolta alla giustizia americana intentando causa negli USA, nella speranza che il risarcimento sarebbe stato più celere,  e ora è costretta ad attendere i tempi di quella italiana per una questione di competenza territoriale. Nel frattempo la documentazione fornita alla controparte (certificati medici, expertise sui tessuti fatta da tecnici dei tribunali, valutazione della collezione da esperti accreditati) non ha sortito un nulla di fatto: «a me – dice ancora- non è stato fatto nessun tipo di offerta». Per poi aggiungere con tono ironico: «L’unica cosa che sono riuscita a salvare è stato il salvagente». Ma non è esatto, perchè, anche lei, come quasi tutti i passeggeri sopravvissuti a quella tragedia si portano ancora dietro i segni indelebili del trauma subito: attacchi di panico, forme ansiose, insonnia. Questo sì, difficile da risarcire.

a cura di Bruna Iacopino

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1 commento

  1. Costa sfoggia un comportamento ignobile. Nemmeno il contenuto delle cassaforti di cabina é stato riconsegnato, dopo averle portate in custodia. Per qunanto riguarda i vestiti di Mara, quando finalmente siamo riusciti a salire sulla nave naufraggiata per ricuperare 4 delle 5 valige di Mara, sostenevano pure che fossero indossabili. Dopo 3 anni sott’acqua e in atmosferm marina! Ignorantoni arroganti!

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