È inammissibile il ricorso per cassazione se il ricorrente effettua una critica generica della sentenza impugnata, deducendo motivi non indicati separatamente e secondo un ordine numerico illogico

Il principio di diritto

È inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo di ricorso sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (Cassazione n. 11603/2018; n. 6519/2019).

È quanto ha ribadito la Prima Sezione Civile della Cassazione con l’ordinanza in commento (n. 206/2020).

Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi (Cass. Sez. Un. n. 17931/2013). Infatti il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di Cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa.

Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, non una critica generica, di modo che il vizio denunziato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c.

Nel caso di specie il ricorrente aveva diffusamente articolato una serie di enunciazioni, prevalentemente riferite allo svolgimento del procedimento di primo grado, sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, senza che fosse neppure possibile evincere quanti fossero i motivi di ricorso, non essendo indicati separatamente e secondo un ordine numerico o logico-giuridico.

Le argomentazioni difensive – riferite indistintamente a violazioni di legge e violazioni processuali, talora anche a vizi motivazionali senza, peraltro, che fosse riportato testualmente, nelle parti di interesse, il contenuto dei numerosi atti e documenti richiamati e, soprattutto, delle specifiche censure proposte con il reclamo – erano per lo più concernenti fasi non autonome dei procedimenti di primo e secondo grado, quali differimenti di udienze, mutamenti di collegio, decisioni su istanze di ricusazione e di sostituzione CTU e neppure risultava chiaramente esplicitato nel ricorso quale fosse stato il percorso argomentativo dei giudici di merito che si assumeva censurato.

La decisione

Il richiamo ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c. è stato in ogni caso ritenuto irrituale, perché rinvenibile in maniera minimale all’interno del ricorso, nonostante l’atto fosse sviluppato in oltre cinquanta pagine (…) sicché la relativa illustrazione non consentiva di individuare con immediatezza e precisione il nesso causale tra le doglianze ed il decisum, né consentivano di inquadrare esattamente le censure nell’ambito di uno dei cinque paradigmi impugnatori tassativamente previsti.

Per tutte queste ragioni il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

La redazione giuridica

Leggi anche:

PROCURA ALLE LITI: INAMMISSIBILE IL RICORSO PER CASSAZIONE SE IL MANDATO NON E’ SPECIFICO

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui