Crollo della tettoia del campo sportivo: la Corte d’Appello accerta la responsabilità del Comune per omessa custodia e la Suprema Corte conferma. (Cassazione Civile, Sez. VI,  Sentenza n. 41507 del 24/12/2021)

La vicenda trae origine dal crollo della tettoia del campo sportivo comunale e dalla relativa domanda giudiziale risarcitoria instaurata dal proprietario della struttura nei confronti del Comune e della Società appaltatrice dei lavori di rifacimento delle aree interessate.

L’attore cita in giudizio il Comune di Covo (BG) per ottenere il risarcimento dei danni subiti da un proprio immobile in conseguenza del parziale crollo della tettoia del campo sportivo comunale.

Nel corso del giudizio veniva chiamata in causa la società appaltatrice di lavori aventi ad oggetto l’impianto sportivo.

Il Tribunale di Bergamo rigettava la domanda; la Corte d’Appello di Brescia, invece, in riforma della decisione di primo grado, l’ha invece accolta, condannando il Comune di Covo a pagare all’attrice l’importo di Euro 34.078,94, oltre accessori.

Ricorre in Cassazione il Comune di Covo, denunziando “Violazione, falsa e mancata applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 2051 c.c. derivante dall’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, nonché “Omesso esame di un “fatto storico” decisivo: la presa di possesso del cantiere da parte del Comune successiva all’evento, nonché delle risultanze testimoniali”.

Secondo il Comune, la cosa che aveva causato il danno, cioè la tettoia della tribuna del campo sportivo, non era nella sua custodia al momento del fatto, in quanto ne era stata appaltata la realizzazione alla società convenuta, al fine di installarvi un impianto fotovoltaico, in base ad una convenzione scritta che prevedeva il trasferimento della relativa proprietà all’ente locale solo al termine dei lavori, dopo il collaudo (pacificamente non ancora intervenuto al momento del fatto) e, comunque, l’onere dell’appaltatrice di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti realizzati.

Pertanto, la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare gli effetti di tale convenzione e, in sostanza, avrebbe addirittura travisato i fatti pacificamente emergenti dall’istruttoria, ritenendo che la copertura della tribuna del campo sportivo fosse preesistente e che l’ente comunale ne avesse, almeno in origine, la custodia.

Il ricorso è infondato ed inammissibile.

Innanzitutto, evidenziano gli Ermellini, non può dirsi sussistente il travisamento delle prove in ordine alla preesistenza della tettoia di copertura del campo sportivo rispetto alla stipula della convenzione con la società appaltatrice.

La Corte territoriale ha affermato, invero,  che nonostante l’appalto in corso di svolgimento, l’intero campo sportivo – con la relativa tribuna, ivi inclusa la tettoia di copertura della stessa – aveva continuato ad essere regolarmente utilizzato per la sua ordinaria funzione pubblica e che, dunque, l’area del cantiere non era stata “enucleata e delimitata e vietata all’utilizzo dei fruitori dello stadio, con conseguente affidamento all’esclusiva custodia all’appaltatore.

Ha aggiunto la Corte che la copertura della tribuna “non è affatto una struttura distinta dalla tribuna cui è annessa (semmai lo è e lo sarà l’impianto fotovoltaico, seppure anche questo dopo il collaudo risulterà di proprietà del comune)”, con la conseguenza che il crollo della tettoia del campo sportivo in questione è inerente e attinente alla struttura principale.

Da tali considerazioni è stata tratta la conclusione che il Comune di Covo aveva conservato la custodia dell’intera struttura sportiva.

Ed ancora, la Corte territoriale non ha omesso di esaminare il fatto storico rappresentato dall’esistenza della convenzione cui fa riferimento l’ente ricorrente, che ha invece tenuto in considerazione al fine di escludere che, nonostante fosse in corso un appalto (derivante da detta convenzione) avente ad oggetto opere da svolgersi sulla tribuna del campo sportivo, il comune avesse perso la custodia della stessa.

Tale convenzione è stata addirittura oggetto di interpretazione da parte della corte territoriale e l’interpretazione degli atti negoziali, costituisce accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, se non per l’eventuale violazione delle disposizioni in tema di ermeneutica contrattuale, violazione nella specie non dedotta da parte ricorrente.

Pertanto, le censure di cui al motivo di ricorso sono indirizzate a una nuova e diversa valutazione delle prove, non consentita in sede di legittimità.

La Suprema Corte ribadisce i seguenti principi di diritto, in tema di danni causati da cose oggetto di appalto:

in caso di danni subiti da terzi nel corso dell’esecuzione di un appalto, bisogna distinguere tra i danni derivanti dall’attività dell’appaltatore e i danni derivanti dalla cosa oggetto dell’appalto; per i primi si applica l’art. 2043 c.c. e ne risponde di regola esclusivamente l’appaltatore (in quanto la sua autonomia impedisce di applicare l’art. 2049 c.c. al committente), salvo il caso in cui il danneggiato provi una concreta ingerenza del committente nell’attività stessa e/o la violazione di specifici obblighi di vigilanza e controllo; per i secondi (e cioè per i danni direttamente derivanti dalla cosa oggetto dell’appalto, anche se determinati dalle modifiche e dagli interventi su di essa posti in essere dall’appaltatore) risponde (anche) il committente ai sensi dell’art. 2051 c.c., in quanto l’appalto e l’autonomia dell’appaltatore non escludono la permanenza della qualità di custode della cosa da parte del committente; in tale ultimo caso, il committente, per essere esonerato dalla sua responsabilità nei confronti del terzo danneggiato, non può limitarsi a provare la stipulazione dell’appalto, ma deve fornire la prova liberatoria richiesta dall’art. 2051 c.c. e, quindi, dimostrare che il danno si è verificato esclusivamente a causa del fatto dell’appaltatore, quale fatto del terzo che egli non poteva prevedere e/o impedire (e fatto salvo il suo diritto di agire eventualmente in manleva contro l’appaltatore)” (principi testualmente enunciati in Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23442 del 28/09/2018, non massimata; a tali principi risulta, nella sostanza, conforme la successiva Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7553 del 17/03/2021, Rv. 660915 – 01, per quanto sembra qui opportuno ribadire, a puri fini di completezza espositiva, la necessità di distinguere, in ogni caso tra danni derivanti dalla cosa oggetto dell’appalto e danni derivanti dall’attività dell’appaltatore di esecuzione dell’appalto, essendo insuperabile il dato normativo emergente dalla disposizione di cui all’art. 2051 c.c., la quale, per sua espressa definizione, non riguarda i danni causati da una condotta umana, ma esclusivamente quelli causati direttamente da cose; cfr., altresì, ancor più di recente: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16609 del 11/06/2021 e Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 31601 del 04/11/2021, Rv. 662646 – 01, anch’esse di fatto adesive ai principi di diritto sopra enunciati”).

Il danno lamentato, ovverosia il crollo della tettoia, risulta certamente cagionato direttamente dalla cosa oggetto dell’appalto (cioè la tribuna del campo sportivo), come modificata dall’attività dell’appaltatore (con la realizzazione della tettoia di copertura), non dall’attività dell’appaltatore stesso.

Conseguentemente il Comune risponde ai sensi dell’art. 2051 c.c. per il crollo della tettoia del campo sportivo.

Avv. Emanuela Foligno

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