Cure dentali errate, corresponsabili Odontoiatra e Odontotecnico

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La Corte d’Appello, sovvertendo la decisione di primo grado, condannava Odontoiatra e Odontotecnico per le errate prestazioni eseguite alla paziente. Con sentenza del 31/5/2021, la Corte d’Appello di Genova, in riforma della decisione di primo grado, ha condannato odontoiatra e odontotecnico, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti dalla paziente in ragione degli inadempimenti professionali.

I Giudici di Appello hanno accertato che i due professionisti eseguivano le prestazioni sanitarie congiuntamente e li condannava in solido.

Il ricorso in Cassazione

L’odontoiatra ricorre in Cassazione dolendosi dell’omesso esame da parte della Corte di Genova di fatti decisivi consistiti nella circostanza relativa all’avvenuto riconoscimento, da parte del C.T.U., della preesistenza di (buona) parte delle contestate protesi, rispetto al rapporto professionale intercorso tra la paziente e esso ricorrente. Sotto altro profilo, il ricorrente contesta l’erronea mancata considerazione della sentenza penale ad esito della quale egli era stato assolto dal reato di esercizio abusivo della professione medica in concorso con l’odontotecnico, nonché l’erroneità della valutazione degli elementi istruttori complessivamente acquisiti al giudizio in violazione dei principi imposti dagli artt. 115 e 116 c.p.c.
Ad ultimo contesta la ritenuta collaborazione con l’odontotecnico per l’esecuzione della prestazione professionale promessa in favore della paziente, in assenza di alcuna prova del nesso eziologico tra la propria prestazione medica e l’opera di protesizzazione svolta dall’odontotecnico, rispetto alla quale egli era rimasto (con eccezione delle protesi per gli impianti) totalmente estraneo.

Tutte le censure vengono considerate infondate e in parte inammissibili.

I due professionisti collaboravano

L’odontoiatra non si è confrontato con la circostanza, posta preliminarmente a base dai Giudici di Appello, che egli si sarebbe comunque avvalso, in linea generale e onnicomprensiva, della prestazione dell’odontotecnico al fine di eseguire le cure richiestegli dalla paziente avendo i due professionisti:

  1. agito sulla paziente sostanzialmente nel medesimo arco temporale,
  2. nell’esercizio dell’oggetto sociale proprio della comune società professionale
  3. documentando, entrambi i professionisti, i compensi che la paziente ha corrisposto loro.

Diversa lettura degli elementi di prova

La asserita errata interpretazione della CTU, in realtà, si concreta nella prospettazione di una diversa lettura degli elementi di prova acquisiti al giudizio, sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità.

Ed ancora, la asserita mancata considerazione della sentenza penale di assoluzione, non estende il suo giudicato penale nei confronti della paziente (rimasta estranea al giudizio); ma anche volendo effettuare tale estensione, la questione non ha carattere decisivo. I Giudici hanno sottolineato che il medico, in ogni caso, si è avvalso della prestazione dell’odontotecnico in un quadro collaborativo.

Ad ogni modo, sottolinea la Cassazione, l’accertamento contenuto nella sentenza penale invocata dall’odontoiatra non consiste nell’attestazione positiva e specifica dell’insussistenza del fatto contestato a carico dello stesso, bensì nel riconoscimento della mancata disponibilità di prove sufficienti ad affermare la sussistenza di tale fatto, con la conseguente applicabilità, al caso di specie, dell’insegnamento della giurisprudenza secondo cui, in tema di rapporti tra giudizio penale e giudizio civile, la sentenza di assoluzione ha effetto preclusivo nel processo civile (sia ex art. 652 c.p.p. che ex art. 654 c.p.p.) solo nel caso in cui contenga un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza o del fatto o della partecipazione dell’imputato e non anche nell’ipotesi in cui sia stata pronunciata a norma dell’art. 530, comma 2, c.p.p., per inesistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o la sua attribuibilità all’imputato (Cassazione Civile, sez. III, 15/02/2024, n.4201).

Tulle le altre censure sono destinate a una nuova rilettura nel merito dei fatti, inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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