Liquidazione del danno da perdita parentale e certificato di famiglia

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La sorella e il nonno della vittima del sinistro stradale invocano il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale. Tribunale e Corte d’Appello liquidano il danno con importi significativamente differenti.

La vicenda

Il Tribunale di Pisa accoglieva la domanda dei due congiunti della vittima condannando i convenuti al pagamento in favore del nonno della somma di 146.617 euro (di cui 4.197 euro per il danno biologico e 142.420 euro per danno da perdita parentale) ed in favore della sorella della somma di 159.128 euro (di cui 16.708 euro per il danno biologico ed Euro 142.420 euro per danno da perdita parentale).

Avverso la sentenza proponeva appello l’assicurazione e la Corte di Ancona (sent. 21 gennaio 2021), in parziale accoglimento, rideterminava il danno da perdita parentale nella misura di 100.000 euro in favore del nonno e 80.000 euro in favore della sorella, disponendo la compensazione delle spese per i due gradi di merito nella misura di ¼.

Per quanto qui di interesse, i Giudici di Appello rilevavano che “non costituendo il certificato di famiglia storico prova sufficiente della abituale convivenza della vittima con il nonno e la sorella, ma soltanto un elemento indiziario, in mancanza di ulteriori elementi di prova il rapporto di convivenza non poteva ritenersi accertato, essendo anzi emerso che, all’epoca del fatto, la vittima conviveva con la sua compagna”.

Inoltre, i Giudici di secondo grado evidenziavano che “la sofferenza patita poteva essere accertata in via presuntiva sulla base di circostanze quali lo stretto vincolo familiare e la differenza di soli due anni di età fra i congiunti e che quanto al nonno anche in tal caso il pregiudizio era configurabile in via presuntiva, alla luce dello stretto vincolo familiare e della età del danneggiato (80 anni) che, come osservato dal Tribunale, implicava una maggiore fragilità nell’affrontare il dolore”.

La prova del rapporto di parentela

Tuttavia, non risultava che i due congiunti avessero elementi di prova circa la peculiarità del rapporto che li legava alla vittima, atteso che non era stata articolata alcuna istanza istruttoria finalizzata a dimostrare le circostanze dedotte (e cioè che, dopo la morte della madre, i nonni paterni si erano occupati della vittima e di sua sorella, e che, alla morte della nonna, i fratelli ed il nonno avevano vissuto per molti anni un legame affettivo molto forte).
Aggiunse quindi che, in mancanza di circostanze idonee a giustificare l’applicazione della fascia più alta della forbice tabellare (le tabelle milanesi prevedevano importi da 24.020 a 144.130 euro), si riteneva equo liquidare in valori attuali 80.000 euro in favore della sorella ed 100.000 euro in favore del nonno, e che il diverso importo era giustificato dalla situazione di maggiore fragilità in cui versava il nonno e dalla mancanza di familiari conviventi, a differenza della sorella della vittima, la quale aveva costituito un proprio nucleo familiare (era coniugata ed era madre di un bambino avuto da una precedente relazione).

I congiunti contestano la motivazione sottesa alla liquidazione del danno da perdita parentale, ma la Suprema Corte respinge le doglianze.

L’intervento della Cassazione

Viene dedotto che il certificato di famiglia storico fa pubblica fede fino a querela di falso e che la sentenza si era discostata a ribasso circa il quantum debeatur. In buona sostanza, la censura identifica (erroneamente) la ratio decidendi della rideterminazione del danno parentale con la questione della coabitazione. In realtà questo è soltanto uno dei profili valutati dal Giudice del merito, il quale ha invece attribuito profilo determinante alla circostanza che i danneggiati non avevano fornito elementi di prova circa la peculiarità del rapporto che li legava alla vittima, per non essere stata articolata alcuna istanza istruttoria finalizzata a dimostrare le circostanze dedotte (e cioè che, dopo la morte della madre, i nonni paterni si erano occupati della vittima e di sua sorella e che, alla morte della nonna, i fratelli ed il nonno avevano vissuto per molti anni un legame affettivo molto forte).

La censura è infondata in quanto la questione della coabitazione non è stata dirimente in punto di liquidazione del danno.

Il criterio della “proporzionalità inversa”

Con separata censura viene dedotto che non si comprende quali siano gli elementi che abbiano reso necessaria una rideterminazione a ribasso, che non può essere superato il principio della “proporzionalità inversa” fra età del danneggiato e danno patito (tanto minore è l’età del danneggiato, tanto maggiore è il danno patito), per cui non si comprende come possa la sorella avere patito un danno inferiore al ben più anziano nonno.

Anche questa censura non è fondata. Il criterio della “proporzionalità inversa” fra età del danneggiato e danno patito (tanto minore è l’età del danneggiato, tanto maggiore è il danno patito) costituisce un criterio sviluppato dalla giurisprudenza che le tabelle elaborate dai Tribunali hanno recepito in chiave di tipizzazione del danno non patrimoniale (cfr. in motivazione Cass. n. 10579 del 2021).

Nella specie il danno da perdita del rapporto parentale è stato liquidato attraverso le tabelle del Tribunale di Milano vigenti all’epoca della decisione, nelle quali era prevista una semplice forbice, senza il riferimento al sistema a punti, elaborato successivamente, in cui è contemplata, in chiave decrescente rispetto al punto, l’età. Nella censura non risulta specificatamente dimostrato, alla luce delle circostanze di fatto accertate dal Giudice del merito, accertamento che resta il presupposto determinante, se l’applicazione delle tabelle elaborate nel 2022 dal Tribunale di Milano avrebbe condotto ad un risultato diverso da quello ottenuto mediante il sistema a forbice.

Ad ogni modo, specifica la S.C. che il fondamento equitativo della valutazione del danno parentale risiede su un apprezzamento di fatto del Giudice di merito che, se congruamente motivato, non è scalfibile (Cassazione Civile, sez. III, 09/02/2024, n.3744).

Avv. Emanuela Foligno

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