Danno all’immagine e criterio per la quantificazione del risarcimento, ovverosia “prezzo del consenso” (Cass. civ., sez. III,  12 aprile 2022, n. 11768- Presidente Travaglino).

Danno all’immagine e criteri di liquidazione, la questione trattata concerne la differenza sostanziale tra l’interesse pubblico alla diffusione di una notizia e l’interesse alla pubblicazione, o diffusione, anche dell’immagine delle persone coinvolte in fatti di cronaca.

Il cittadino asseritamente leso per danno all’immagine, cita a giudizio la RAI, invocandone la condanna al risarcimento a causa dell’abuso della sua immagine verificatosi in occasione di una nota trasmissione televisiva.

Il danneggiato deduceva, che in quella trasmissione era stata resa pubblica, nonostante egli avesse espressamente negato il consenso, la sua immagine relativa alla deposizione testimoniale tenuta nell’ambito del processo penale relativo all’omicidio di due donne, fatto che aveva suscitato molto scalpore perché uno dei due imputati era un noto pregiudicato, già condannato per il massacro del Circeo.

La RAI per contro, eccepiva l’interesse pubblico alla diffusione della trasmissione, in considerazione della gravità del fatto di sangue e specificava, comunque, che il diritto di cronaca era stato esercitato in maniera corretta.

Espletata la prova per testi e fatta svolgere una CTU, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda dell’attore, condannando la RAI al risarcimento dei danni non patrimoniali, mentre rigettava la richiesta di risarcimento dei danni patrimoniali, poiché sguarniti di prova.

La RAI impugna in Appello, e la Corte riduce l’importo risarcitorio a favore del danneggiato confermando la decisione in ordine alla sussistenza del nesso di causalità tra lesione del diritto all’immagine e conseguente danno.

In particolare, la Corte d’Appello affermava la correttezza della valutazione compiuta dal Tribunale secondo cui, avere trasmesso le immagini dell’uomo nonostante il suo espresso dissenso, aveva comportato la violazione del suo diritto all’immagine, che rientra tra i diritti della personalità che integrano prerogative inviolabili della persona.

La Corte, inoltre, ricordava che la tutela del diritto all’immagine non risulta superata dalle esigenze del diritto di cronaca perché la pubblicazione dell’immagine di persone coinvolte nel processo è, comunque, subordinata al rispetto delle norme di legge ed è da ritenere vietata, dunque, salvo particolari casi, se manca il consenso dell’avente diritto.

La vicenda approda in Cassazione dove il ricorso viene rigettato.

La Suprema Corte sottolinea che il diritto all’immagine è tutelato non solo dall’art 10 c.c. ma anche dalla L. n. 633/1941 ove è stabilito che non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltosi in pubblico.

Ciò posto, la giurisprudenza sul danno all’immagine ha statuito che l’illecita pubblicazione dell’immagine altrui obbliga al risarcimento dei danni patrimoniali, che consistono nel pregiudizio economico di cui la persona danneggiata abbia risentito per effetto della pubblicazione e di cui abbia fornito la rigorosa prova.

Gli Ermellini richiamano un precedente del 2008, ove  è stato affermato che, fermo restando il diritto al risarcimento del danno all’immagine, è indubbio che in molti casi non appare agevole né configurare natura o entità del pregiudizio propriamente economico, né quantificarne l’importo, soprattutto qualora il soggetto leso non sia una persona nota, alla cui immagine possa essere attribuito un valore economico effettivamente determinabile.

Ebbene, quella pronuncia ha identificato il criterio risarcitorio del cd. prezzo del consenso, consistente nel ritrasferimento in capo al titolare del diritto del vantaggio economico del quale l’autore dell’illecito si è indebitamente appropriato.

Conclusivamente, la Suprema Corte dà continuità a questi precedenti, ricordando che il diritto al risarcimento del danno non fa eccezione rispetto alle regole generali ex art. 2043 c.c., con conseguente onere della prova a carico del danneggiato del danno subito, del nesso di causalità tra il comportamento illecito e quel danno, ciò in quanto il danno lamentato non è in re ipsa.

Avv. Emanuela Foligno

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