Prescrizione del danno jure proprio nella responsabilità medica ed effetti protettivi nei confronti dei terzi sono gli interessanti argomenti esaminati dalla corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. VI, 26 luglio 2021, n. 21404).

Prescrizione del danno jure proprio, questo il principio di diritto: “L’art. 2947 c.c., quando fa coincidere il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno con il termine di prescrizione stabilito dalla legge penale, si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti passivi della pretesa risarcitoria e si applica, perciò, non solo all’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile, ma anche all’azione civile contro coloro che sono tenuti al risarcimento del danno a tiolo di responsabilità indiretta, qual è un Ente ospedaliero, per fatto illecito di un medico dipendente”.

I coniugi si rivolgevano al Tribunale per vedere accertata la responsabilità dell’Azienda Ospedaliera e ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti in ragione della morte della loro figlia, nata il 24 luglio 2001 e deceduta il successivo 28 ottobre a causa di inadeguata assistenza nella fase post-operatoria successiva all’ intervento chirurgico per artesia congenita delle vie biliari.

I genitori della bambina invocano il ristoro dei danni sia jure proprio (per la perdita del rapporto parentale), sia jure hereditatis, per contro la Struttura eccepisce l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Verona rigettava la domanda attorea, per intervenuta prescrizione quinquennale del diritto quesito, ex art. 2947, comma 1 c.c.

Gli attori impugnavano il provvedimento lamentando che il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sul capo di domanda relativo al risarcimento dei danni subiti jure proprio, avendo applicato il termine prescrizionale del danno aquiliano; per altro verso, contestavano la sentenza del primo Giudice laddove escludeva che la responsabilità contrattuale da contatto sociale, asseritamente sussistente a carico dell’Ente ospedaliero nei confronti del paziente, potesse estendere i propri effetti anche in favore di soggetti terzi, richiedendo, in conclusione, l’applicabilità alla fattispecie del diverso termine di prescrizione decennale, vigente in tema di responsabilità contrattuale.

La Corte di Appello respingeva il gravame confermando la intervenuta prescrizione quinquennale del diritto.

La questione arriva al vaglio della Cassazione dove vengono passate al vaglio  le questioni degli effetti protettivi nei confronti del terzo scaturenti dal contratto con la Struttura Sanitaria e della prescrizione del danno jure proprio.

Preliminarmente viene osservato che il danno jure proprio è di natura extracontrattuale, tuttavia, ai sensi dell’art. 2947 c.c. può dilatarsi sino al termine decennale in presenza del reato di omicidio colposo.

Ciò posto, viene fatta chiarezza sugli effetti protettivi della responsabilità da contatto sociale verso i terzi.

I genitori possono essere considerati “terzi protetti dal contratto”, con conseguente applicazione del termine di prescrizione decennale, ex contractu, al credito risarcitorio per i danni iure proprio, in luogo di quello quinquennale ?

La figura dei  “terzi protetti dal contratto” deve essere limitata, nell’ambito della responsabilità medica, ai casi di “danni da nascita indesiderata”, ove, nel rapporto contrattuale tra puerpera e Struttura, incentrato sulla gestazione e/o il parto, la madre assume quasi la qualità di soggetto “esponenziale” degli interessi di tutto il nucleo familiare e non solo del nascituro.

Al di fuori di tale ipotesi, l’azione per la perdita o la lesione del rapporto parentale va ritenuta di natura esclusivamente aquiliana.

Per affermare l’efficacia protettiva del contratto verso terzi, occorre che l’interesse di cui i terzi siano portatori risulti strutturalmente connesso a quello dedotto in obbligazione, ovvero, detto diversamente, l’interesse dei terzi deve essere identico a quello dello stipulante.

Riguardo il secondo motivo di impugnazione, ovverosia quello del termine di prescrizione del danno da reato, la Corte afferma che, essendo la domanda giudiziale prospettata come astrattamente riconducibile al delitto di omicidio colposo (art. 589 c.p.), ai sensi dell’art. 2947, comma 3, c.c., il termine di prescrizione doveva essere ritenuto decennale, in ossequio alla prescrizione del delitto di omicidio colposo nella previsione applicabile, ratione temporis, dell’art. 157 c.p. (nella versione anteriore alla modifica operata dalla l. n. 251/2005).

Accolto tale motivo la decisione viene cassata con rinvio.

Avv. Emanuela Foligno

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