Ritardata diagnosi e omissione di approfonditi accertamenti è l’argomento disaminato dalla Suprema Corte (Cassazione civile, sez. III, 11/04/2022, n.11647).

 Ritardata diagnosi di meningoencefalite, oltra a omessi accertamenti, è quanto contestato dinanzi al Tribunale di Trento in danno dell’Azienda Sanitaria Provinciale.

Gli attori deducono che in occasione del ricovero presso il pronto soccorso, e poi presso il reparto di medicina,  non erano stati eseguiti accertamenti più approfonditi pur in presenza di sintomi significativi della malattia, che veniva, invece, correttamente diagnosticata soltanto a seguito del successivo ricovero.

Il Tribunale di Trento, rigettava la domanda attorea, escludendo la sussistenza di un errore medico per ritardata diagnosi.

La Corte d’Appello di Trento, confermava la decisione di primo grado.

La Corte territoriale, osservava: a) erano infondati i rilievi mossi con l’appello, che si compendiavano nelle censure di ” ritardata diagnosi e errata valutazione delle risultanze istruttorie” e “mancata ammissione di istanze delle parti appellanti” (prova testimoniale e rinnovo della C.T.U.), non avendo il primo Giudice considerato attentamente le osservazione del CTP e “la situazione del paziente al momento di ingresso in ospedale e al momento dei due ricoveri”; b) come emergente dalle cartelle cliniche (la cui veridicità “non è stata mai posta in dubbio”), i segni e sintomi della meningocefalite, ossia come sviluppo di sintomi “assai simili a quelli di un’influenza” (febbre, debolezza agli arti inferiori, dolori alla schiena ed al collo, disfunzione della vescica e dell’intestino), non “si presentarono in forma tale da poter solo indurre il personale sanitario a sospettare la reale patologia” al momento dei due ricoveri, insorgendo soltanto nel corso del secondo ricovero; c) “allorquando alcuni di questi sintomi fecero la loro comparsa e venne riscontrato l’esito negativo di ulteriori approfondimenti (quale ad es. visita otorinolaringoiatra), venne subito disposto il trasferimento per gli esami specialistici.

Gli attori impugnano la decisione in Cassazione.

I ricorrenti censurano la sentenza impugnata “per evidente difetto di attività di esame di circostanze di fatto provate e decisive e per difetto di corretta valutazione delle risultanze probatorie, rilevanti per dimostrare la colpa del personale medico nella redazione delle cartelle cliniche”, con conseguente responsabilità ai sensi dell’art. 1218 c.c..

La Corte territoriale, nell’affermare che non vi fosse alcun riscontro dei sintomi di meningoencefalite che l’attore sostiene essersi manifestati fin dal primo ricovero, giacché di tali sintomi non vi è alcuna evidenza nelle cartelle cliniche, avrebbe “totalmente trascurato e/o erroneamente ritenute prive di rilevanza probatoria le fonti documentali” (trasporto al PS con autoambulanza e accettazione con codice giallo; richiesta medico curante di ricovero per “iperpiressia da quattro giorni resistente alla terapia”; risultanze della C.T.U. sulla presenza di “pollachiuria, disuria, stranguria”; ” descrizione del personale medico a motivo del ricovero; cartella clinica, che darebbero rilievo, invece, al fatto decisivo che il paziente, in occasione dei due accessi al pronto soccorso presentava segni e sintomi evidenti di una patologia non riconducibile ad una semplice influenza, come invece sinteticamente riportato nelle cartelle cliniche del primo accesso al pronto soccorso anzidetto, e che dunque si tratta di lampante ritardata diagnosi.

La censura è inammissibile laddove discorre di violazione dell’art. 1218 c.c. e accredita la responsabilità alla Struttura sanitaria per incompleta redazione dei documenti clinici.

Tuttavia, i ricorrenti non impugnano, con specifica censura, l’affermazione della Corte territoriale, in ordine alla mancanza di eccezioni, contestazioni, disconoscimento o quant’altro con cui gli stessi avrebbero potuto inficiarne l’efficacia probatoria delle cartelle cliniche, la veridicità delle quali non è stata mai posta in dubbio.

Con il secondo mezzo è prospettata, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione per errata valutazione dei fatti di controversia e delle risultanze probatorie, nonché la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1218 e/o 2043 c.c., per errata applicazione del principio giurisprudenziale di ritardata diagnosi e diagnosi differenziale.

Sarebbe, illogico  il ragionamento effettuato dalla Corte d’Appello secondo cui non vi erano sintomi tali da poter indurre il personale sanitario a sospettare la reale patologia – meningoencefalite aggravatasi con mielite -, tanto da rendere inutile ogni richiamo alle pronunce giurisprudenziali relative alla c.d. diagnosi differenziale.

In altri termini, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che le condizioni di malessere del paziente non erano sufficienti per rappresentare il presupposto per una diagnosi differenziale.

La censura non coglie nel segno.

Il principio secondo cui, dovendo la diligenza nell’adempimento della prestazione professionale sanitaria essere valutata assumendo a parametro la condotta del debitore qualificato, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2,  sta a significare che tiene una condotta colposa il medico che, dinanzi a sintomi aspecifici, non prenda scrupolosamente in considerazione tutti i loro possibili significati, ma senza alcun approfondimento si limiti a far propria una sola tra le molteplici e non implausibili diagnosi.

Applicando tale principio alla vicenda in esame, la Corte d’Appello non ha errato laddove,  a fronte dell’assenza di segni e sintomi della meningocefalite, la diagnosi di “iperpiressia di probabile origine virale” venne posta all’esito di “accertamenti ed indagini ad ampio spettro”, e dunque non si può discorrere di ritardata diagnosi e, allorquando alcuni di questi sintomi fecero la loro comparsa e venne riscontrato l’esito negativo di ulteriori approfondimenti, venne subito disposto il trasferimento per gli esami specialistici.

E’, dunque, corretto il giudizio di sussunzione che ne è seguito, avendo il Giudice di merito ritenuto adempiuta la prestazione sanitaria in base a diligenza qualificata per aver il personale medico, in assenza di ogni sintomo della meningocefalite, posto in essere approfonditi esami diagnostici al fine di verificare quale patologia fosse presente, scartando le varie ipotesi alternative resesi implausibili in ragione degli accertamenti svolti, per poi provvedere tempestivamente, alla comparsa di sintomi “che potevano indurre il sospetto del mieloma”, ad ulteriori esami e, quindi, al trasferimento del paziente presso altra Struttura.

Il ricorso viene rigettato con condanna alle spese di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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