Il danno evento consiste nella lesione dell’interesse presupposto a quello contrattualmente regolato e la causalità materiale non è assorbita dall’inadempimento (Cassazione Civile, sez. III, 26/05/2021, n.14702).

Il danno evento consta non della lesione dell’interesse alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione, ma della lesione dell’interesse presupposto a quello contrattualmente regolato (…) la causalità materiale non è praticamente assorbita dall’inadempimento: in tali termini si è espressa la Suprema Corte nella interessante decisione qui a commento.

Gli eredi ricorrono in Cassazione avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Roma nei confronti dell’Azienda Sanitaria Locale di Rieti, l’Ospedale Pediatrico, i Sanitari e l’Assicurazione.

Il Tribunale di Rieti, con sentenza n. 137/13, e la Corte d’Appello di Roma, rigettavano la domanda risarcitoria proposta dai congiunti per la morte della bambina avvenuta l’8 novembre 2006, ritenendola cagionata dalle condotte delle strutture sanitarie e dei singoli medici coinvolti, caratterizzate da omessi approfondimenti diagnostici e mancate idonee terapie, a fronte di un quadro di patologia cardiaca e bronchiale in nato prematuro.

I Giudici di merito, sulla scia del Consulente del P.M. nel giudizio penale e di nuova CTU eseguita in appello, rigettavano la domanda risarcitoria, aderendo alle conclusioni delle consulenze tecniche che concordavano circa l’assenza di malformazioni cardiache e di una broncopolmonite in atto al momento del decesso della piccola, individuando la causa dell’evento di danno in una broncoinalazione massiva, accertata anche in sede autoptica, caratterizzata da imprevedibilità ed inevitabilità.

I familiari lamentano, in sintesi, motivazione apparente, mancato rinnovo della CTU, omessa pronuncia sulle richieste istruttorie e omesso esame di un fatto decisivo.

Gli Ermellini osservano che la sentenza di appello può essere motivata per relationem, facendo riferimento al provvedimento di primo grado, purchè venga dato conto, anche sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente.

La sentenza, detto in altri termini, per assolvere all’obbligo di motivazione, deve consentire l’individuazione del procedimento logico seguito dal Giudice.

Venendo alla mancata rinnovazione della CTU, è pacifico che il giudice possa rigettarla, anche senza motivare le ragioni di tale decisione. Infatti, rientra nei poteri del Giudice accogliere o disattendere la richiesta di CTU, purché se ne dia conto nella sentenza.

Il Giudice d’appello non si è limitato a ribadire l’assenza di responsabilità a carico dei sanitari e delle strutture coinvolte ed a rilevare il carattere di imprevedibilità ed imprevenibilità dell’evento dannoso, ma ha fornito una specifica e dettagliata indicazione delle ragioni e del percorso logico giuridico sotteso a tale decisione.

Oltretutto, aggiungono gli Ermellini, i dubbi palesati dagli appellanti sulla Consulenza svolta in sede penale, sono stati sgombrati dall’effettuazione di nuovo CTU Medico-Legale nel giudizio d’appello, che confermava in toto quanto accertato in sede penale.

Il Giudice d’Appello ha specificato che “i rilievi alla CTU formulati dagli appellanti non sembravano poggiare su “elementi fattuali e scientifici oggettivamente apprezzabili ed idonei ad incidere nel processo deterministico dell’evento letale” e che le ipotesi alternative sulla causa della morte della giovane vittima erano state scartate dagli approfondimenti istruttori espletati dal CTU.”

Il secondo Giudice, quindi, ha adeguatamente motivato la decisione di non disporre la rinnovazione della CTU e di non richiamare a chiarimenti il CTU.

Venendo al successivo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano l’omessa pronuncia sulle richieste istruttorie.

La doglianza è ritenuta inammissibile in quanto i capitoli di prova riprodotti dai ricorrenti non sono idonei a provare la responsabilità dei controricorrenti.

La CTU, pur avendo rilevato che la sintomatologia prossima all’evento lesivo non era stata descritta nel dettaglio per poter essere valutata in termini clinici, riteneva una virosi gastroenterica febbrile epidemica e concludeva che, “pur in assenza di una precisa descrizione in ordine alla effettiva rilevanza del quadro clinico del bambino, la fisionomia dei sintomi riferita dai familiari ai due medici intervenuti, appare astrattamente proporzionata al tipo di presidi terapeutici prescritti dai due sanitari”.

Non è avvenuta, pertanto, l’omessa valutazione in termini clinici lamentata dai ricorrenti, avendo il CTU ampiamente chiarito che l’evento verificatosi intorno alle 20.30 fosse conseguenza diretta ed esclusiva della sintomatologia gastroenterica in atto, e che è da escludersi che la natura, l’entità dei sintomi ed i segni manifestati dal bambino fossero significativi di allarme o che richiedessero una condotta assistenziale e farmacologica diversa da quella posta in essere.

Ciò significa che le prove testimoniali, giustamente rigettate dal Giudice, non avrebbero avuto un carattere decisivo, cioè non avrebbe fornito la prova della responsabilità dei sanitari, in considerazione del fatto che la morte era stata attribuita dalla CTU ad una asfissia acuta da broncoinalazione, come confermato dal verbale degli operatori del 118 e dall’esame microscopico di numerose sezioni di parenchima polmonare che aveva dimostrato che la totalità delle vie aeree risultava ostruita da detriti cellulari, muco materiale vegetale e colonie batteriche.

Infine, l’ultimo motivo di ricorso, inerente l’onere della prova, viene considerato infondato.

I ricorrenti sostengono che essendo stato allegato l’inadempimento astrattamente idoneo a cagionare l’evento di danno, spettava alla Struttura ospedaliera ed al Sanitario provare che in concreto non vi era stato inadempimento o che l’inadempimento non era stato eziologicamente rilevante.

La distribuzione dell’onere della prova invocata dai ricorrenti è in contrasto con l’orientamento che pone l’onere di dimostrare il nesso di causa, nelle prestazioni professionali, a carico del creditore.

Viene rammentato che “Negare che incomba sul paziente creditore l’onere di provare l’esistenza del nesso di causalità fra l’inadempimento ed il pregiudizio alla salute, significa espungere dalla fattispecie costitutiva del diritto l’elemento della causalità materiale. Il creditore, al contrario, è tenuto a provare, anche mediante presunzioni, il nesso eziologico fra la condotta del debitore, nella sua materialità, e il danno lamentato. Successivamente a tanto sorgono poi gli oneri probatori del debitore, il quale deve provare o l’adempimento o che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile. Emerge così un duplice ciclo causale, l’uno relativo all’evento dannoso, a monte, l’altro relativo all’impossibilità di adempiere, a valle”.

Pertanto, chiariscono gli Ermellini, quando viene in considerazione una prestazione professionale, ove “l’interesse corrispondente alla prestazione è solo strumentale all’interesse primario del creditore, causalità ed imputazione per inadempimento tornano a distinguersi anche sul piano funzionale (e non solo su quello strutturale) perchè il danno evento consta non della lesione dell’interesse alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione, ma della lesione dell’interesse presupposto a quello contrattualmente regolato (…) la causalità materiale non è praticamente assorbita dall’inadempimento.

L’inadempimento è la lesione dell’interesse strumentale, che non significa lesione dell’interesse presupposto, e quindi allegare l’inadempimento non significa allegare anche il danno evento che non è necessariamente collegabile al mancato rispetto delle leges artis, ma potrebbe essere riconducibile ad una causa diversa dall’inadempimento.

In conclusione, la Suprema Corte rigetta integralmente il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite a favore dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Rieti, dell’Ospedale Pediatrico e del Medico, in euro 3.200,00 cadauno, oltre alle spese forfettarie, agli esborsi e agli accessori di legge.

Avv. Emanuela Foligno

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