Ritenuto errato il ritardo di sei ore nell’esecuzione del taglio cesareo considerando che non è possibile stabilire quando sia iniziata la centralizzazione del circolo per la mancanza di controlli ravvicinati (Tribunale di Roma, sentenza n. 17956/2020 del 15 dicembre 2020)

Con atto di citazione gli attori deducevano che: alle ore 12,00 del 31.8.2009, la donna – alla 34° settimana di gravidanza – si recava al Policlinico per sottoporsi ad una serie di esami; che, alle ore 12,20, eseguiti gli esami veniva comunicato alla paziente che si doveva procedere immediatamente a parto cesareo, intervento al quale veniva sottoposta dopo 6 ore; che, alle ore 18,45 nasceva il piccolo P. il quale, a causa di complicazioni cardio -respiratorie, era stato immediatamente sottoposto ad una serie di trattamenti e manovre d’urgenza che non riuscivano a scongiurare il decesso del neonato alle ore 22,00.

Quindici giorni prima del parto, alla 33° settimana di gravidanza, la donna si recava al Pronto Soccorso per perdite vaginali e veniva ricoverata per febbre e dolori lombari e sospetta rottura del sacco amniotico. Dall’ecografia eseguita dai medici del reparto di ginecologia veniva evidenziata una «dilatazione calico -pielica di 2° grado a dx e 3° grado a sx con rene aumentato di volume ad ecostruttura lievemente disomogenea come da sofferenza parenchimale», ragione per cui i sanitari avevano consigliato una consulenza urologica e avevano rilasciato una diagnosi di «idronefrosi bilaterale in I gravida alla 33 settimana, sospetta rottura alta delle membrane».

La stessa mattina del 14.08.2009 la paziente si recava al Policlinico dove veniva ricoverata alle ore 15,18 per «minaccia di parto pretermine per rottura “alta” delle membrane, idronefrosi bilaterale» e, dopo alcuni esami, veniva dimessa alle ore 0.08 del 15.8.20 09.

A decorrere da quella data, l’attrice si recava quotidianamente presso il Policlinico per sottoporsi ad una serie di esami clinici e, a seguito dell’ecografia eseguita in data 25.8.2009 – attestante «vagina regolare, collo uterino chiuso, sacco integro, corpo uterino … non attività contrattile, MAF percepito, CTG normale» – veniva prescritto di tornare in reparto il 31.08.2009 per ripetere l’ecografia, l’esame di valutazione dell’accrescimento fetale e «la flussimetria placentare a giorni alterni per CTG di controllo».

A quella data, 25.8.2009, alla luce degli esami eseguiti quotidianamente dal 14 agosto, il personale sanitario disponeva le dimissioni protette della paziente con la diagnosi di «minaccia di parto pretermine colica renale», «dimissione protetta» e prescrizione «deve tornare lunedì 31 agosto 2009 ore 9,00 per ecografia di controllo accrescimento fetale e flussimetria placentare».

La flussimetria veniva eseguita a giorni alterni e il 27 e il 28 .8.2009 tornava al Policlinico per eseguire due monitoraggi i cui tracciati non erano stati refertati.

La mattina del 31.8.2009 la paziente tornava presso il reparto di ginecologia del Policlinico per sottoporsi a tutti gli esami che le erano stati prescritti in regime di dimissione protetta il 25.8.2009 e dall’ecografia ostetrica eseguita, emergeva «Attività cardiaca presente, movimenti attivi presenti … peso presunto gr 2000, placenta anteriore liquido amniotico normale. Osservazioni i valori rilevati depongono per un accrescimento inferiore al 5° centile” , mentre la flussimetria indicava un aggravamento delle alterazioni che già erano state riscontrate in occasione del ricovero del 14.8.2009, con aumento delle dispense periferiche a carico dei vasi ombelicali; che, in ragione di questo quadro alterato il primario del reparto di ginecologia del Policlinico disponeva l’immediato ricovero per parto con taglio cesareo e alle ore 12.25 la paziente veniva trasferita al Pronto soccorso del medesimo Policlinico per sottoporsi d’urgenza all’operazione.

Il tracciato cardiotocografico, visionato quel giorno dall’intero reparto di ginecologia l’indomani risultava smarrito con inevitabile denuncia di smarrimento da parte del medesimo primario alla Direzione sanitaria; che soltanto alle ore 18,30 l’attrice veniva sottoposta all’intervento di taglio cesareo e alle ore 18,45 nasceva un bimbo di 1,900 grammi di peso descritto nella cartella clinica : «alla nascita cianosi ipotono, generalizzato Pc: 80 bpm ed assenza di respiro spontaneo» e ricoverato in terapia intensiva ove era sottoposto ad una serie di manovre d’urgenza, rilevatesi inutili.

Per il decesso del neonato veniva aperto il procedimento penale nei confronti del Medico Ginecologo per il reato di omicidio colposo e i consulenti del PM concludevano per la sussistenza di una colpa medica.

A seguito del rinvio a giudizio del predetto Medico nel corso del dibattimento erano stati escussi i sanitari in servizio quel giorno tra cui il primario, la neonatologa e l’ostetrica.

Il Giudice penale, con la sentenza n. 22348/2012, assolveva il Ginecologo, ma per la contraddittorietà delle testimonianze rese nel corso dell’istruttoria disponeva la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per procedere nei confronti della neonatologa e dell’ostetrica.

Contro la predetta decisione la Procura della Repubblica proponeva appello.

Si costituisce in giudizio l’azienda ospedaliera deducendo che il P.M . – sulla scorta delle indicazioni portate dalla sentenza di assoluzione del Ginecologo – iscriveva un nuovo procedimento penale contro la neonatologa e l’ostetrica disponendo una nuova CTU che concludeva: “Nel caso di specie nell’operato dei sanitari che seguirono la gravidanza della signora e di quelli che ebbero in cura il piccolo Patrizio e che sono oggetto del presente procedimento penale, non sono ravvisabili elementi di censura rilevanti dal punto di vista causale ai fini del determinismo della morte del piccolo Patrizio “.

La causa viene istruita attraverso CTU Medico-Legale.

Il CTU annota: “ a) che , in data 25.8.20 09 , la paziente venne sottoposta a visita ginecologica la quale aveva evidenziato una « Vagina regolare, collo uterino conservato chiuso, sacco integro. Corpo uterino morbido, non attività contratti le. MAF percepiti, CTG normale»; b) che , nello stesso giorno, la paziente era stata sottoposta a ecografia ostetrica la quale aveva evidenziato « Accrescimento fetale ai limiti inferiori. In via collaterale si segnala dilatazione calico -pielica materna bilaterale» e a velocimetria Doppler materno -fetale che riportava «Persiste aumento delle resistenze periferiche senza segni di centralizzazione del circolo »; c) che era stata disposta dal medico di reparto la dimissione protetta con terapia ed invito a « …tornare Lunedì 31 08 2009 ore 9 per ecografia di controllo accrescimento fetale e flussimetria placentare, a giorni alterni per CTG di controllo »; d) che la donna, attenendosi alle disposizioni date all’atto della dimissione protetta dal medico di Rep arto, nei giorni 27 e 28.8.2009 era tornata in Ospedale per sottoporsi a cardiotocografia di controllo; che la cardiotocografia del 27.8.2009 (data per smarrita da parte attrice, ma rinvenuta dal CTU in atti senza una valutazione dei dati del tracciato) ad avviso del CTU, «è un tracciato sicuramente “non rassicurante” in quanto, pur essendoci una linea di base nella norma e pur mancando decelerazioni, è presente una marcata riduzione della variabilità »; che, per tale ragione, il medico di turno aveva riportato « Torna domani per ripetere CTG ed eventualmente eco -fluss. »; che, anziché il 28.8.2009, la sig.ra si era recata in Ospedale la mattina del 31.8.20 09 , per sottoporsi agli esami prescritti in sede di dimissione protetta e, ivi, in particolare venne sottoposta a ecografia ostetrica che riportava “I valori rilevati depongono per un accrescimento inferiore al 5 ° percentile » e all’esame di velocimetria Doppler materno -fetale, che osservava « I valori rilevati depongono per un’iniziale centralizzazione del circolo “.

“In considerazione di tali referti che evidenziavano sia la notevole restrizione di crescita del feto (5 ° percentile) sia l’alterazione dei valori della velocimetria al ColorDoppler (che erano passati da valori di aumento delle resistenze a valori deponenti per iniziale centralizzazione del circolo), veniva disposto l’immediato ricovero della gestante per sottoporla ad intervento di taglio cesareo. Sempre in quel giorno, prima del ricovero, la paziente era stata sottoposta anche a cardiotocografia. Da evidenziare che tale tracciato, visionato da tutti i medici presenti in Reparto (cfr. la deposizione del primario all’udienza del 01/10/12) poi risultò smarrito, con successiva denuncia di smarrimento da parte del primario alla Direzione sanitaria. Il ricovero (cartella clinica di ricovero N. 129879 avvenne alle ore 12:25, mentre l’intervento di Taglio Cesareo iniziò alle ore 18:30 e terminò alle ore 19:25. Si riporta la descrizione dell’intervento: “Disinfezione…Estrazione di feto unico, vivo e vitale di sesso fenotipico maschile con due giri di funicolo attorno al collo ed un giro a bandoliera…”. La nascita del piccolo Patrizio avvenne alle ore 18:45. Il piccolo, alla nascita, pesava Kg. 1,900. La placenta aveva un peso di 350 gr. e un diametro di cm. 15×15. Venne dato un punteggio di Apgar di 6 ad un minuto e 7 a cinque minuti. In realtà, a fronte di un punteggio di Apgar, sicuramente non ottimale ma ai limiti della sufficienza, le condizioni del neonato apparvero subito critiche, tanto che viene trasferito successivamente in TIN (Terapia Intensiva Neonatale)”.

“Notoriamente il punteggio di Apgar oscilla tra 0 e 10 ed è considerato normale un neonato che riporti, secondo i vari parametri in evidenza (frequenza cardiaca, attività respiratoria ect.) un punteggio maggiore di 7. L’attribuzione di un punteggio di 6 a un minuto e di 7 a cinque minuti appare largamente ” ottimistica ” alla luce delle effettive condizioni del neonato che, infatti, venne immediatamente trasferito in terapia intensiva neonatale e di quanto, conseguentemente, riportato nel diario clinico: «alla nascita, cianosi, ipotono generalizzato, FC circa 80 bpm ed assenza di respiro spontaneo. Si aspirano le prime vie aeree e si ventila in IPPV per circa 3 minuti e si effettua m.c.e., si assiste ad aumento della FC fino a cica 100 bpm e Sat O2 85 -88%. Si procede con ventilazione con maschera e mini Ambu e si trasferisce in TIN». Inoltre, per il noto principio di prossimità o di vicinanza della prova che connota la regolazione dell’onere probatorio circa la colpa medica e il nesso di causalità in tema di responsabilità sanitaria, il conclamato smarrimento del tracciato della cardiotocografia del 31.8.2009 segnala la grave incuria della struttura nella conservazione della documentazione sanitaria, di massima importanza alla luce di quanto accaduto in esito al parto“.

“Quella del piccolo P. fu una gravidanza con feto IUGR ( Intrauterine Growth Retardation ), cioè di un feto con crescita intrauterina ritardata e fornisce le coordinate scientifiche per la classificazione della patologia e per la descrizione dei trattamenti consequenziali connotati da un preciso timing del parto: «Esistono due tipi di crescita uterina ritardata: simmetrica, con una frequenza del 10 – 30% tra tutti i ritardi di crescita fetale, caratterizzata da un aspetto ecografico costantemente di bassa velocità di crescita a comparsa precoce; asimmetrica, con una frequenza del 70 -90% fra tutti i ritardi di crescita fetale, caratterizzato da un aspetto ecografico di rallentamento tardivo della velocità di crescita e da un’insufficienza placentare come patologia di base . Occorre arrivare al precoce riconoscimento della IUGR e distinguere tra crescita ritardata simmetrica e asimmetrica, individuando il grado di rischio del feto, scegliendo tempestivamente sia il momento che la modalità del parto. Il metodo migliore per la valutazione ecografica della IUGR del 3 ° trimestre di gravidanza consiste nella determinazione del rapporto circonferenza cefalica/circonferenza addominale, che permette di riconoscere i feti con crescita asimmetrica, con accrescimento della circonferenza cranica, progressivo e continuo (risparmio del cervello, considerato organo nobile) associato ad arresto o diminuzione della circonferenza addominale, per consumo del glicogeno epatico. E’ di comune esperienza che si sia in presenza di controlli praticamente routinari e di immediata e agevole lettura per qualunque medico specialistico e in qualunque reparto di ostetricia e ginecologia che, tuttavia, generano alternative d’approccio particolarmente delicate: «Il ritardo di crescita intrauterino pone il medico, in presenza di IUGR determinata da “insufficienza placentare”, di fronte al problema se espletare un parto pretermine, togliendo il feto da una condizione intrauterina ostile ma esponendolo ai rischi neo natali della prematurità o attendere una epoca di gravidanza più avanzata, evitando le problematiche connesse alla prematurità, ma esponendolo ai rischi di una condizione di ipossia cronica e successiva evoluzione verso l’acidosi”.

“I controlli cui venne sottoposta la sig.ra all’atto del ricovero presso il Policlinico dal 15.8 al 25.8.2009 evidenziavano inequivocabilmente un significativo ritardo di crescita intrauterino (IUGR): « l’ecografia ostetrica del 17/08/09, effettuata in epoca gestazionale di 33 sett. + 2 gg., riporta un peso presunto di 1660 gr., refertato come “circa al 15° centile”, ma in realtà prossimo al 5° centile (Cfr. Tabelle dell’OMS) dato che poi verrà confermato in seguito. Ulteriormente, oltre a questo dato, era presente anche un progressivo aumento dell’indice di pulsatilità dell’arteria ombelicale, che passava dal valore di 1,03 del 17/08 a 1,26 del 25/08 fino a 1,88 del 31/08 ». A questo proposito si deve ricordare che il timing e le modalità del parto devono essere scelte soprattutto attraverso la valutazione della velocimetria dell’arteria ombelicale (PI = Pulsatility Index), che identifica un distretto vascolare a bassa resistenza. Nella gravidanza fisiologica c’è una progressiva riduzione delle resistenze a livello placentare. La presenza, invece, di una velocimetria ombelicale anormale con valori di PI aumentato indica un aumento delle resistenze a livello placentare. Il crescente aumento delle resistenze periferiche rappresenta sempre un campanello d’allarme. Tuttavia, in data 25/08, nella Flussimetria -Doppler viene anche riportato il valore di PI dell’arteria cerebrale media (2,21) sicuramente buono. In quello stesso giorno, giorno della dimissione protetta, venne anche effettuato un CTG, che appariva sufficientemente rassicurante e con presenza anche di una discreta attività contrattile. In questo contesto, ci si trova in una situazione “borderline”, in cui qualunque decisione può, giudicando correttamente con il criterio “ex -ante”, essere ritenuta giusta o errata. Mantenendo la paziente ricoverata, questa sarebbe stata sottoposta a CTG due volte al giorno e sicuramente sarebbe stata ripetuta una flussimetria dopo due o tre giorni, con un monitoraggio molto stretto della situazione clinica. Nella dimissione protetta, il sanitario dà, a sua discrezione, precise indicazioni alla paziente riguardo alla tipologia dei successivi controlli e alla tempistica in cui verranno effettuati. Questo CTU concorda sul fatto che c’erano, al momento, i presupposti per una dimissione protetta ma si trova in completo disaccordo sul la tempistica. Infatti, pur esistendo le motivazioni per una dimissione protetta, una condotta prudente e diligente avrebbe, però, voluto che la paziente venisse sottoposta a CTG giornalmente e non a giorni alterni e a ripetizione della Velocimetria -Doppler al massimo dopo tre giorni e non dopo una settimana. Dopo la dimissione protetta, ci fu un’ulteriore campanello d’allarme, rappresentato dal CTG del 27/08, sicuramente da considerare “non rassicurante” causa la ridotta variabilità, tanto che pur non essendo refertato in termini clinici, in esso viene riportato: ” Torna domani per ripetere CTG ed eventualmente eco -fl.” . Quindi, oltre al medico che dimise la paziente in dimissione protetta, anche altri sanitari si confrontarono con la paziente e pur avendo il fondato sospetto che la situazione clinica non fosse “tranquilla”, non ritennero doveroso ricoverare nuovamente la paziente”.

“Tutto questo contegno ha comportato un periodo di latenza troppo lungo senza che la Sig.ra venisse sottoposta a nuova Ecoflussimetria e a CTG seriati, provocando, con tale atteggiamento imprudente e negligente la successiva cascata di avvenimenti concretatasi nella successiva condotta colposa del 31.8.2009.”

Riguardo la tempestività del parto, il Tribunale osserva che le conclusioni del CTU sono perfettamente allineate con quelle del CT in sede penale che ha affermato “che il tempo trascorso tra l’ultimo monitoraggio – e le ultime ecografie flussimetria – e il parto cesareo (ovvero circa 6 ore ) potrebbe avere influito in maniera decisiva sulle sorti del bambino . Il ritardo nell’esecuzione del parto cesareo potrebbe avere influito sulla gravità dell’ipossiemia, l’ exitus pertanto avrebbe potuto essere verosimilmente evitato con cesareo eseguito per tempo lo stesso giorno 31 agosto” .

La CTU così conclude: “Questo CTU non sta affermando che si sarebbe dovuta fare una Flussimetria con cadenza giornaliera, cosa al di fuori di ogni logica ed evidenza scientifica, ma che una condotta più stretta, con ripetizione della Flussimetria dopo 3 giorni insieme a cardiotocografie con cadenza giornaliera, avrebbe consentito una migliore conoscenza della situazione clinica e avrebbe permesso, con elevata probabilità, di cogliere anticipatamente eventuali segnali critici volti ad identificare un peggioramento delle condizioni fetali con conseguente più precoce estrazione del feto e, conseguentemente, aumentate probabilità di vita dello stesso. Al riguardo, va sottolineato che la percentuale di sopravvivenza del feto alla 35a settimana di gravidanza è pari al 98%, mentre la mortalità correlata al peso di 1900 gr. è pari all’8%. Infine, questo CTU ritiene, per completezza, di dover fare un’ultima considerazione. Il miglioramento dell’assistenza neonatale, l’uso del surfattante e la moderna assistenza respiratoria fanno sì che la sopravvivenza dei feti con basso peso sia molto migliorata, ma in ragione dell’aumento della sopravvivenza, si assiste ad un aumento degli handicap neurologici o di ritardo mentale nei neonati che sopravvivono”.

“Questo CTU ritiene che sia censurabile, sotto il profilo dell’imprudenza, la condotta di tutta l’equipe che tenne in cura la paziente, in quanto a fronte di una dimissione protetta che comunque in quel momento poteva sicuramente essere condivisibile, questa doveva, però, essere più serrata, sia praticando CTG con cadenza giornaliera, sia con valutazione della Flussimetria con una latenza non superiore ai tre giorni, proprio nella consapevolezza di trovarsi a trattare un caso clinico complicato. Questo CTU ritiene, inoltre, che sia censurabile sotto il profilo dell’imprudenza e della negligenza il ritardo di ben sei ore dell’esecuzione del taglio cesareo, considerando che non è possibile stabilire quando sia iniziata la centralizzazione del circolo proprio per la mancanza di controlli ravvicinati. Una corretta gestione di questi due punti avrebbe con elevata probabilità aumentato le possibilità di vita del piccolo Patrizio, pur a fronte dell’elevata possibilità di postumi neurologici”.

Accertata, dunque, la responsabilità dei sanitari e del Policlinico, per la liquidazione del danno vengono applicate le Tabelle in uso presso il Tribunale.

In conclusione, il Tribunale condanna l’Asl di Roma al pagamento in favore degli attori della somma di euro 254.974,20 cadauno, oltre alle spese di lite per euro 21.387,00 e alle spese di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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