Le società di capitali odontoiatriche hanno pubblicato una lettera aperta per non approvare modifiche al Ddl Concorrenza. Risponde l’Andi, Associazione nazionale dei dentisti italiani

È scontro frontale tra l’Andi (Associazione nazionale dei dentisti italiani) e le società di capitali odontoiatriche.

Il caso è esploso ieri quando sui maggiori quotidiani nazionali è stata pubblicata una lettera aperta che le società di capitali hanno rivolto ai senatori della Repubblica italiana, chiedendo di non approvare modifiche al Ddl Concorrenza.

Una lettera firmata da Gruppo DentralPro-Midco Spa, Caredent-Bistar srl, Gruppo Apollonia-OdontoSalute, Gruppo DentalCoop, HDentalm, Gruppo Dentadent e nata in “difesa della libertà e della qualità delle cure odontoiatriche, perché è in atto il tentativo da parte delle associazioni e delle lobby protezionistiche nel settore dell’odontoiatria di limitare la liberà di concorrenza, frenandone lo sviluppo e gli investimenti futuri, attraverso un utilizzo improprio dello strumento normativo”.

Motivo del contendere è, in particolare, l’emendamento promosso dall’Andi al Ddl Concorrenza con il quale si “chiede di introdurre l’obbligo per le società di capitali che gestiscono strutture odontoiatriche di avere almeno i due terzi del proprio capitale sociale posseduto da odontoiatri”.

“Un chiaro tentativo di eliminarci dal settore”, spiegano, riferendosi all’eventuale introduzione di un vincolo che “non ha nessun fondamento di tutela della salute pubblica; ogni centro dentistico in forma societaria è già governato dal direttore sanitario e vi operano solo medici odontoiatri iscritti all’Ordine”. Inoltre “non ha nessun fondamento economico – si legge ancora nella lettera aperta – perché non esiste un simile obbligo che imponga una soglia minima di medici soci (si pensi agli ospedali privati o alle cliniche”.

“La manovra dell’Andi – denunciano le società di capitali – mira ad escludere i principali concorrenti che offrono servizi altamente qualificati, accessibilità alle cure, oltre che tariffe trasparenti e ragionevoli. Chiediamo quindi di non approvare alcuna modifica al Ddl Concorrenza che introduca limiti alla possibilità di soci di capitale e gestire strutture odontoiatriche”.

Non è mancata la replica dei dentisti. “Sicuramente – commenta il Presidente Nazionale ANDI Gianfranco Prada in una nota – ANDI ha toccato un nervo scoperto delle catene odontoiatriche vista la campagna stampa lanciata contro gli emendamenti proposti dall’Associazione che hanno l’obiettivo di estendere gli stessi diritti che i cittadini hanno rivolgendosi ai dentisti liberi professionisti anche a quelli che si rivolgono ai centri odontoiatrici organizzati in società di capitali ed in particolare alle “Catene” dove nella maggior parte dei casi la maggioranza societaria, quindi coloro che possono prendere le decisioni, è in mano alla finanza ed il direttore sanitario non può decidere, se non di licenziarsi se non è d’accordo con le decisioni prese. E questo viene confermato dalla stesse catene nella nota diffusa attraverso la pagina pubblicitaria pubblicata oggi dove si ammette che il direttore sanitario non ha nessun potere sulle decisioni prese in quanto sono i soci di capitale a “gestire le strutture odontoiatriche”.

“Noi chiediamo – scrive l’ANDI in una nota – alla politica di dare le stesse tutele che i pazienti hanno quando si  rivolgono ai dentisti liberi professionisti, oppure agli studi odontoiatrici organizzati in studi associati o società tra professionisti, anche ai pazienti che si rivolgono ad una Clinica odontoiatrica organizzata in società di capitale. La nostra è la sacrosanta battaglia per garantire al cittadino di continuare ad avere un odontoiatra che lo cura facendosi carico dei suoi problemi, seguendolo nel tempo, mantenendo quel fondamentale rapporto di fiducia che deve essere sempre alla base della relazione medico-paziente”.

“L’odontoiatria – conclude la nota – è forse l’unica branca della medicina per cui i problemi clinici dovuti ad errate cure si manifestano dopo molti anni, non a caso il dentista libero professionista è responsabile per 10 anni dalla cura effettuata. Per questo abbiamo chiesto ai Senatori di accogliere il nostro appello di garantire ai pazienti che si rivolgono alle società odontoiatriche di rispondere di quanto fatto per lo stesso tempo previsto per i dentisti iscritti all’Albo”.

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