Depressione del lavoratore e indennizzo INAIL (Cass. civ., sez. lav., 11 ottobre 2022, n. 29611).

Depressione del lavoratore riconducibile al rischio lavorativo è indennizzabile dall’INAIL.

Nell’ambito del sistema del T.U. n. 1124/1965 «sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione; dovendosi ritenere incongrua qualsiasi distinzione in tal senso, posto che il lavoro coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni, sottoponendola a rischi rilevanti sia per la sfera fisica che psichica».

Il lavoratore agiva nei confronti dell’INAIL onde ottenere il ristoro del danno biologico da malattia professionale, lamentando un «disturbo dell’adattamento con umore depresso ed ansia compatibili con situazione lavorativa anamnesticamente avversativa».

I Giudici di merito, di primo e secondo grado, rigettavano la domanda. In particolare, la Corte di Appello di Brescia dichiarava estraneo alla copertura INAIL il danno psichico subito dai lavoratori per situazioni di costrittività organizzativa peraltro non tabellata dal T.U. n. 1124/1965.

La vicenda, pertanto, approda in Cassazione.

Con l’unico motivo di ricorso, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 c.c., del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 1,2,3.4,13 comma 2 lett. a) e ART. 139 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e ciò per avere la Corte d’Appello negato l’indennizzabilità della malattia professionale non tabellata di natura psichica, nello specifico dello stato di depressione del lavoratore, dipendente dal cosiddetto stress lavorativo, anche in base al D.M. n. gennaio 2008 che ritiene non annullato dalla sentenza n. 1576/2009 del Consiglio di Stato.

La censura è fondata.

“Ciò che rileva non è solo il rischio lavorativo proprio, ma anche il rischio lavorativo improprio non strettamente insito nell’atto materiale della prestazione, ma comunque collegato con la stessa (tra le tante, Cass. civ, n. 13882/2016 e Cass. civ, n. 3227/2011)”.

Inoltre, la decisione della Corte Cost. n. 179/1988 ha dichiarato illegittimo il T.U. n. 1124/1965 nella parte in cui non prevedeva che «l’assicurazione contro le malattie professionali nell’industria è obbligatoria anche per le malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate concernenti le dette malattie e da quelle causate da una lavorazione impropria».

Ebbene, gli Ermellini ribadiscono che in tema di indennizzabilità delle malattie professionali,  sono meritevoli di tutela le malattie di natura fisica o psichica la cui origine è riconducibile al rischio lavorativo (sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione).

La ratio costituzionale è nel senso che l’attività lavorativa coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni, sottoponendola a rischi rilevanti sia per la sfera fisica che psichica».

Con riferimento alla mancanza della malattia psichica denunciata nelle suddette tabelle, la Corte specifica che «ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all’INAIL, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo in tale caso il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia diagnosticata».

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso della lavoratrice, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’Appello, in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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