La dimenticanza di garza chirurgica nell’addome ha causato l’asportazione della tuba di dx e un danno biologico permanente nella misura del 8% (Tribunale di Crotone, Sez. I civile, Sentenza n. 352/2021 del 14/04/2021 – RG n. 1786/2018)
Con ricorso ex art 702 bis c.p.c., la paziente cita a giudizio in via diretta i due sanitari onde vederne riconosciuta la responsabilità professionali derivante dalla dimenticanza di garza chirurgica nell’addome durante l’intervento chirurgico di taglio cesareo per gravidanza a termine, al quale era stata sottoposta in data 28.7.1999.
In seguito a continui dolori addominali verificatisi negli anni successivi, veniva ricoverata, in data 7.1.2009, presso la Fondazione San Raffaele di Milano ove veniva accertata la presenza, in fossa iliaca destra, del corpo estraneo.
Si costituiscono in giudizio i Medici deducendo la prescrizione del diritto azionato e l’assenza di responsabilità.
Il Tribunale ritiene fondata la domanda dell’attrice e preliminarmente sottolinea che la tematica in esame è da inquadrarsi nell’ambito applicativo della responsabilità contrattuale essendo l’evento risalente all’anno 1999.
Conseguentemente le censure di prescrizione del diritto avanzate dai convenuti sono infondate poiché fondate sull’errato presupposto di una qualificabilità della responsabilità del medico professionista alla stregua di un illecito aquiliano, secondo quanto previsto dalla L. 24/2017.
Solo in data 9.01.2009, a seguito di intervento chirurgico di laparotomia esplorativa, è stato rimosso corpo estraneo individuato in “tessuto riconducibile a garza chirurgica”, è solo da tale momento che la danneggiata ha avuto consapevolezza della riconducibilità dei danni lamentati al precedente intervento chirurgico, occorso, appunto, in data 28.07.1999.
Ne consegue che il riparto dell’onere probatorio deve seguire i criteri fissati in materia contrattuale.
Il paziente deve provare il contratto deducendo l’inesatto adempimento e il nesso di causa, invece il Sanitario deve provare l’esatto adempimento.
L’attrice ha assolto al proprio onere fornendo la prova degli elementi costitutivi dell’illecito a carico dei professionisti convenuti.
La donna, in data 26.07.1999, veniva ricoverata presso la Casa di Cura per “Gravidanza a termine e programmato taglio cesareo” che veniva eseguito dopo due giorni dal ricovero.
Per quanto riguarda l’inesatto adempimento invocato, la paziente ha allegato il comportamento del personale ospedaliero che non eseguiva correttamente il taglio cesareo comportando, nel corso degli anni, il progressivo e costante aggravamento dello stato patologico.
Tali allegazioni sono state confermate dalla CTU esperita in seno al giudizio di Accertamento Tecnico Preventivo.
Sulla base delle risultanze istruttorie risulta provata la colpa dei Medici convenuti, per avere dimenticato nel corpo della paziente tessuto riconducibile a garza chirurgica.
Gli accertamenti eseguiti presso l’Istituto milanese nel 2009 hanno evidenziato la presenza di un corpo estraneo ” in fossa iliaca destra, in continuità con il colon ascendente e con l’ultima ansa ileale “, a cui ha fatto seguito intervento chirurgico di laparotomia esplorativa, con asportazione della massa in questione e resezione della tuba destra, che ha rinvenuto in fossa iliaca destra, una ” formazione rotondeggiante di circa 7 cm di diametro, di consistenza elastica, completamente rivestita da peritoneo, adesa al colon ascendente, al mesentere dell’ultima ansa ileale e alla tuba di destra. Si osservano inoltre alcuni linfonodi di volume aumentato lungo il decorso dei vasi ileo -colici, e un linfonodo di circa 1 cm di diametro nel contesto del legamento epato -duodenale “.
Il referto istologico individuava tale corpo estraneo in “tessuto riconducibile a garza chirurgica”.
La riconducibilità di dimenticanza all’inesatta esecuzione dell’intervento chirurgico del 1999 è stata accertata dalla CTU la quale ha evidenziato che nella nota operatoria, pur essendo stato descritto dettagliatamente l’intervento chirurgico, “non era scritto nulla né relativamente a chi era incaricato a fare la conta delle garze e dei ferri utilizzati durante l’intervento, né che la conta delle stesse fosse stata eseguita e come” e che “l’incapsulamento del corpo estraneo riscontrato nella massa, dopo la rimozione chirurgica, è compatibile con la permanenza della garza in addome oltre i due anni e mezzo “……. ” la negligenza, l’imperizia ed imprudenza dell’Equipe in toto e dei chirurghi che fecero il taglio cesareo i quali non eseguirono le procedure della buona tecnica chirurgica, specificamente finalizzate a prevenire eventi dannosi e pericolosi, quali una completa ed accuratissima ispezione della cavità addominale prima della sutura della stessa e l’accertamento che la così detta ‘conta delle garze’ fosse stata eseguita dal personale, direttamente incaricato, correttamente ed adeguatamente. Nel caso in esame dalla nota operatoria non si evince che sia stata effettuata la conta delle garze né che il chirurgo responsabile si sia accertato che la conta fosse stata eseguita in modo completo e corretto “.
A fronte di ciò è pacifica la condotta imperita e negligente dei Sanitari convenuti.
In punto di nesso causale, è stato provato che la condotta omissiva dei sanitari si è inserita nella serie causale che ha condotto alla rimozione della tuba ovarica destra perché “tenacemente coinvolta” al corpo estraneo.
Nel corso degli anni, il processo infiammatorio ha portato alla formazione di una massa granulomatosa che ha inglobato la tuba ovarica destra.
Sul punto la CTU: “i postumi riscontrati sulla perizianda sono causalmente ricollegabili alla garza dimenticata in addome durante il taglio cesareo effettuato presso la casa di cura tenuto conto dei numerosi episodi di moderate coliche addominali riscontrati nel corso degli anni dalla danneggiata e infine, nel 2009, del ricovero per ennesimo dolore addominale accompagnato da oliguria e stranguria, sintomatici di un processo infiammatorio tipico da presenza di un corpo estraneo nell’organismo della danneggiata. Tale circostanza, invero, determina una ingiuria tissutale e una successiva reazione da corpo estraneo con sviluppo di tessuto di granulazione che è considerata la normale risposta di integrazione dell’impianto di materiali estranei. Si ha proliferazione di fibroplasti e cellule endoteliali, seguita da cellule giganti; la reazione fibrotica è rilevate. Nel tempo nei granulomi si possono verificare fenomeni necrotici che successivamente possono andare incontro a cicatrizzazione, calcificazione, incapsulamento “, per come riscontrato, nel caso di specie, in relazione alla tuba ovarica destra. Tutto questo consente pertanto di ritenere, sul piano della causalità materiale, che la condotta omissiva delle prestazioni professionali rese in occasione del ricovero presso la casa di cura si sia inserita nella serie causale che ha portato la sig.ra agli esiti diagnostici sopra riscontrati secondo il criterio del “più probabile che non”.
Ciò posto, per contro, i Medici convenuti non hanno assolto all’onere probatorio su di essi gravante, non avendo allegato, né dimostrato, che la condotta medica non avesse avuto nessuna incidenza eziologica sull’evento lesivo.
Di talché in capo agli stessi viene riconosciuta una responsabilità nella misura paritaria del 50%.
Venendo alla liquidazione del danno, la CTU ha accertato “postumi caratterizzati da asportazione della tuba di dx, esito cicatriziale sovra -ombellico -pubico, riferite coliche addominali ricorrenti e stipsi ..(..).. .che comportano un danno biologico attribuibile da indicare in una percentuale del 8%, oltre ad una invalidità temporanea assoluta di giorni 7 e parziale, nella misura del 75%, di giorni 30, nella misura del 50% di giorni 20 e nella misura del 25% di ulteriori giorni 10.”
Applicando le Tabelle di Milano si addiviene all’importo di euro 20.326,00.
Respinta, invece, la personalizzazione del danno invocata dall’attrice per diminuzione della capacità riproduttiva.
Al riguardo il Giudice osserva che, secondo l’insegnamento recentemente ribadito dalla Suprema Corte ” in tema di lesione del diritto alla salute da responsabilità sanitaria, la perdita di chance a carattere non patrimoniale consiste nella privazione della possibilità di un miglior risultato sperato, incerto ed eventuale conseguente – secondo gli ordinari criteri di derivazione eziologica – alla condotta colposa del sanitario ed integra un evento di danno risarcibile soltanto ove la perduta possibilità sia apprezzabile, seria e consistente “.
Dalle risultanze della CTU la riduzione della capacità riproduttiva della danneggiata “rappresenta un evento del tutto incerto tenuto conto del fatto che la donna pur conservando intatti ed in sede la tuba e l’ovaio di sx, presentava altri fattori che potevano validamente interferire negativamente sulla fertilità: età, pregresso taglio cesareo, utero fibromatoso, eventuale salpingite cronica (già riscontrata all’esame istologico a carico della tuba asportata)..(..)..l’asportazione di una tuba poteva agire […] diminuendo la capacità di riproduzione con probabilità statistica non superiore al 10/20% “.
Ebbene, tale perduta possibilità non può considerarsi consistente al punto da giustificare una ulteriore personalizzazione del danno.
In conclusione, il Tribunale di Crotone condanna i due sanitari al pagamento in favore dell’attrice della somma di euro 20.326,00, oltre interessi; condanna i convenuti in solido a rifondere a parte attrice le spese liquidate in euro 6.285,00, oltre accessori e condanna altresì i convenuti al pagamento delle spese di ATP, liquidate in euro 1.595,00, oltre accessori; accerta la responsabilità dei convenuti, nei rapporti interni, per la quota del 50% ciascuno e pone le spese di CTU Medico-Legale a carico dei convenuti in solido.
Avv. Emanuela Foligno
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