Per il riconoscimento dell’assegno di invalidità la parte è tenuta a descrivere l’attività concretamente espletata al fine di consentire l’apprezzamento della diminuzione della capacità lavorativa
Con l’ordinanza n. 23054/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un uomo che si era visto rigettare l’opposizione all’accertamento tecnico preventivo che aveva escluso la sussistenza del requisito sanitario per l’assegno ordinario di invalidità, ai sensi della legge nr. 222 del 1984, in dichiarata adesione alle conclusioni della relazione medico-legale d’ufficio espletata nella precedente fase. Il Tribunale era giunto a tale decisione sul rilievo che il ricorrente, pur deducendo la diminuzione della capacità lavorativa specifica, si era limitato ad indicare, come attività, quella di “assistente di cantiere”, senza descriverne gli esatti contenuti, così da impedire un giudizio, in concreto, del requisito sanitario richiesto.
Il CTU, nominato nel giudizio di ATP, aveva valutato la natura delle patologie e osservato come le stesse, circoscritte in buona sostanza all’apparato locomotore, non comportassero una riduzione della capacità lavorativa nei termini di legge, in relazione alla attività indicata e genericamente classificata come “mansione impiegatizia di chi è preposto ad occuparsi della contabilità e delle relazioni con le maestranze”.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente deduceva che il Tribunale avesse espresso il giudizio di insussistenza della riduzione della capacità lavorativa in maniera del tutto avulsa dalla valutazione dell’attività concretamente svolta dall’assicurato e dalla considerazione delle possibili ricadute sulle occupazioni confacenti alle sue attitudini.
A suo giudizio il giudice avrebbe erroneamente motivato sui vizi della consulenza evidenziati tanto in fase di ATP che nella successiva opposizione.
La Cassazione, nel respingere il ricorso, ha osservato che la capacità di lavoro dell’assicurato, alla quale fa riferimento la legge nr. 222 del 1984, ai fini della valutazione della sussistenza del requisito sanitario richiesto per l’attribuzione della prestazione previdenziale dell’assegno di invalidità, consiste nella idoneità a svolgere, in primo luogo, il lavoro di fatto esplicato (capacità specifica) e poi tutti i lavori che l’assicurato per condizioni fisiche, preparazione culturale ed esperienze professionali sia in grado di svolgere (capacità generica); questi ultimi, tuttavia, vengono in considerazione soltanto in caso di accertata inidoneità dell’assicurato allo svolgimento del lavoro proprio.
A tale riguardo, è stato, precisato che, ove la capacità dell’assicurato di svolgere il lavoro di fatto esplicato si sia ridotta, ma senza raggiungere la soglia, normativamente rilevante, della riduzione a meno di un terzo, il giudice non ha l’obbligo – prima di escludere il diritto alle richieste prestazioni previdenziali- di accertare anche l’incapacità dell’assicurato a svolgere altre attività lavorative, compatibili con le sue capacità ed attitudini.
Nel caso in esame, il Tribunale aveva valutato le patologie riscontrate ed escluso che le stesse avessero ricadute, nei termini di legge, sulla capacità lavorativa specifica come allegata dal lavoratore (attività impiegatizia, in senso lato) ovvero dalla parte tenuta all’esposizione dei fatti fondanti la domanda e, quindi, anche della descrizione dell’attività lavorativa concretamente espletata.
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