Il documento di valutazione dei rischi si limitava ad elencare del tutto genericamente i fattori di rischio concernenti la movimentazione manuale dei carichi, senza specificare gli interventi atti a ridurre od eliminare gli stessi

Era stato condannato in sede di merito alla pena di 2.000,00 euro di ammenda per il reato di cui agli artt. 29, primo comma, e 55, comma 1, lett. a), d.lgs. 81 del 2008 per non aver elaborato un congruo documento di valutazione dei rischi (DVR) in relazione, in un cantiere edile, al rischio dovuto alla movimentazione manuale dei carichi, con particolare riguardo agli arti superiori, omettendo di indicare le misure preventive da adottarsi nelle specifiche situazioni.

Nel ricorrere per Cassazione, l’imputato deduceva l’inosservanza o erronea applicazione della normativa nonché il vizio di motivazione. Lamentava, in particolare, che, cercando anche di ottemperare alle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza, aveva fatto redigere il DVR da un geometra, con l’ausilio del medico competente, e che esso era conforme alle prescrizioni di legge, in particolare, trattandosi di azienda che occupa sino a dieci dipendenti, alle procedure standardizzate di cui all’art. 6, comma 8, lett. f) , d.lgs. 81 del 2008 ed alle prescrizioni previste dal medesimo decreto, e dall’allegato XXXIII, con riguardo alla movimentazione manuale dei carichi. A suo dire, non essendovi norme tecniche particolari da applicarsi, era necessario fare riferimento alle “buone prassi” e alle “linee-guida” definite all’art. 2, comma 1, lett. v) e z), d.lgs. 81/2008.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 12940/2021 ha ritenuto il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato in diritto.

Gli Ermellini hanno infatti rilevato come, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l’obbligo giuridico di analizzare ed individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del d.lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione del suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di verificarne l’adeguatezza e l’efficacia.

Inoltre, il reato previsto dall’art. 29, quinto comma, d.lgs. 81 del 2008 punisce l’omessa elaborazione del documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori da parte del datore di lavoro anche con riguardo alle aziende che occupino fino a dieci addetti, in quanto le modalità semplificate di adempimento degli obblighi in materia di valutazione dei rischi, previste per tali aziende, non esonerano il datore di lavoro dall’obbligo di predisporre e tenere il predetto documento. Anche in queste ipotesi, le modalità pur semplificate di adempimento dell’obbligo di valutazione richiedono l’individuazione degli specifici pericoli cui i lavoratori sono sottoposti e la specificazione delle misure di prevenzione da adottarsi.

Il contenuto qualificante e minimo del DVR deve quantomeno contemplare “una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa” – ed i criteri di semplicità, brevità e comprensibilità che la disposizione richiama non possono andare a discapito della completezza e dell’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione – e “l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottate”.

Nel caso in esame la sentenza impugnata aveva attestato che il DVR, pur dopo le prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza per ovviare alla ancor più marcata inadeguatezza di un originario documento esibito, si limitava ad elencare del tutto genericamente i fattori di rischio concernenti la movimentazione manuale dei carichi, senza specificare gli interventi atti a ridurre od eliminare gli stessi, sì che l’adempimento normativo era privo di qualsiasi concreta portata.

Del tutto generica, poi, era l’allegazione circa il fatto che sarebbero state seguite le procedure standardizzate di cui all’art. 6, comma 8, lett. f), d.lgs. 81/2008, non risultando ciò dalla sentenza impugnata e non avendo il ricorrente contestato il travisamento della prova, né allegato quali sarebbero state le procedure standard approvate dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro nella specie osservate.

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