È reato di maltrattamento animali anche somministrare farmaci per migliorarne le prestazioni

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Oltre all’ipotesi di somministrazione di sostanze dopanti vietate, integra il reato di maltrattamento animali qualsiasi somministrazione di farmaci che, in assenza di specifiche indicazioni terapeutiche, sia finalizzata al miglioramento delle prestazioni dell’animale (Cassazione Penale, sez. III, dep. 19 giugno 2024, n. 24257).

Il caso

Durante una corsa di cavalli veniva accertato che a uno di essi erano stati somministrati antinfiammatori. In primo grado il fantino veniva assolto, tuttavia il P.M. appellava e la Corte riformava la sentenza di assoluzione.

Si giunge in Cassazione

L’imputato deduce la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza come anche imposto nel quadro del principio di garanzia di un equo processo di cui all’art. 6 della Convenzione Edu.

La Corte di appello avrebbe riqualificato nella violazione dell’art. 544 ter c.p. comma 2 prima parte – riferito alla somministrazione di farmaci vietati, diretta ad aumentare le performance sportive di animali – il fatto contestato, con cui invece si faceva riferimento alla condotta riferita a trattamenti che procurano danno alla salute degli animali, come del resto rilevato dal primo giudice che aveva assolto il ricorrente e come ritenuto nel corso dell’istruttoria, tutta incentrata su questa ipotesi.

Secondo la tesi dell’imputato, si sarebbe modificato radicalmente il fatto, attribuendo alla condotta da giudicare la veste di somministrazione ad animali di sostanze vietate, così facendosi riferimento ad un fatto diverso da quello contestato.

I giudici di Appello ribaltano la prima sentenza

Il ribaltamento della prima sentenza è intervenuto solo attraverso una diversa valutazione giuridica di medesimi fatti, rimasti incontroversi nella loro realtà storica. In proposito, la S.C. ribadisce che il Giudice d’appello che procede alla reformatio in peius della sentenza assolutoria di primo grado non è tenuto alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, nel caso in cui si limiti a una diversa valutazione, in termini giuridici, di circostanze di fatto non controverse, senza porre in discussione le premesse fattuali della decisione riformata.

Peraltro, la sentenza impugnata valorizza ai fini decisionali essenzialmente il dato, per così dire minimo, nell’ambito delle più ampie ipotesi sviluppate, della avvenuta somministrazione di farmaci senza alcuna prescrizione medica e senza alcuna giustificazione, ancorché apparente. Dato che invero risulta incontestato anche nella prima sentenza di merito.

La norma in questione, art. 544ter, II comma, c.p., parifica due comportamenti: la somministrazione agli animali di sostante stupefacenti, o vietate, e la sottoposizione a trattamenti che procurano un danno alla salute degli animali.

La Corte di Appello aveva ritenuto che la responsabilità consistesse nella somministrazione di farmaci antinfiammatori idonei, per la loro combinazione, ad aumentare le performance sportive dei cavalli, mentre il primo Giudice aveva ritenuto non integrata la fattispecie della prima parte (sostanze vietate o stupefacenti).

La Suprema Corte afferma che affinché vi sia violazione del principio di correlazione tra accusa e condanna è necessaria una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta, così da configurare un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione; nel caso concreto, tuttavia, non è stata pregiudicata la difesa dell’imputato perché i fatti sono rimasti i medesimi.

L’art 544-ter c.p.

Concludendo, la somministrazione di antinfiammatori, in assenza di patologie o bisogni clinici, eseguita allo scopo di aumentare le prestazioni sportive dei cavalli, costituisce reato di maltrattamento animali ai sensi dell’art. 544-ter c.p., comma 2° seconda parte, perché espone l’animale, in buona salute e senza specifica indicazione clinica, a situazioni di stress (derivanti dalla competizione) e rischi ulteriori che possono pregiudicarne lo stato psico-fisico.

Si segnala anche un importante principio di diritto ribadito in questa decisione dalla Corte di Cassazione: “il benessere animale, tutelato dal codice penale, evoca il concetto di qualità della vita del singolo animale come da esso percepita e presuppone che l’animale goda di buona salute. Il benessere animale nel suo complesso, oltre a ricomprendere la salute e il benessere fisico, esige che l’animale, in quanto essere senziente, goda di un benessere psicologico e sia in grado di poter esprimere i suoi comportamenti naturali”.

In definitiva, la somministrazione di farmaci senza specifiche necessità terapeutiche non rientra nel concetto di garanzia del benessere animale.

Avv. Emanuela Foligno

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