Il dicastero della salute dovrà versare 770 mila euro ai congiunti di una donna morta per il decorso degenerativo di una infezione da epatite virale di tipo C contratta in seguito a una trasfusione di sangue infetto nel 1982
La X sezione civile del Tribunale di Napoli, con sentenza del 13 maggio 2021, ha condannato il Ministero della Salute a risarcire i parenti di una donna morta nel 2017 all’età di 74 anni in una casa di cura del napoletano. La signora, nel 1982, all’età di 39 anni, era stata ricoverata per motivi ginecologici all’ospedale Sant’Anna di Torino, dove era stata sottoposta a una trasfusione di sangue, rivelatosi poi infetto, contraendo così una infezione da epatite virale di tipo C, il cui decorso degenerativo l’aveva portata al decesso.
I congiunti avevano agito in giudizio nei confronti del dicastero, chiedendo il risarcimento del danno subito e la commissione medica ospedaliera dell’Ente ha effettivamente accertato “il nesso tra le complicanze della patologia epatica e il decesso”.
Il Giudice partenopeo, quindi, riconoscendo la responsabilità del ministero per non aver vigilato e controllato il sangue utilizzato per le trasfusioni e per non aver controllato che il sangue dei donatori presentasse alterazioni delle transaminasi”, ha condannato la parte convenuta al pagamento di una somma pari a 670 mila euro, oltre interessi, in favore del marito e delle figlie della vittima.
Il Ministero, inolte, è stato “condannato anche al pagamento di 100 mila euro a favore dei nipoti della defunta pensionata per il particolare rapporto che legava i piccoli alla nonna”.
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