Il pregiudizio permanente viene stimato nel 6% ex D. Lgs. 38/00 comprensivo anche dell’1% precedente già riconosciuto dall’V****a nel 2008 per l’infortunio sul lavoro al IV° raggio della mano destra (Tribunale di Venezia, Sez. Lavoro, Sentenza n. 492/2021 del 05/08/2021)

Il ricorrente agisce in giudizio nei confronti dell’Inail lamentando il mancato riconoscimento dell’origine lavorativa di un’ernia discale L5 -S1, stimata nel quantum all’8%, da valutarsi in aggiunta ai postumi di un infortunio sul lavoro all’anulare sinistro pari all’1% con conseguente valutazione complessiva del danno biologico permanente, al 9% .

Espone di essere dipendente con mansioni di operaio e di avere contratto l’ernia discale a causa delle posture incongrue del rachide e della movimentazione di carichi continuative per 27 anni.

Si costituisce in giudizio l’Istituto contestando la pretesa nel merito e deducendo che l’esito dell’istruttoria attivata a seguito della presentazione in data 31.7.2018 della denuncia della malattia professionale è stato negativo sul rischio professionale, non essendo emersa, dalla documentazione inviata dal datore di lavoro sulle specifiche mansioni del ricorrente, evidenza alcuna di rischi da movimenti manuali di carichi (MMC), né da vibrazioni (WBV), né, tantomeno posture incongrue; rimarca inoltre che l’evidenziazione, da risonanza magnetica alla colonna lombo-sacrale effettuata il 4.6.2018, di “discopatia L5 -S1 con vistose ernie intraspongiose e modificazione del segnale a substrato degenerativo dei piatti epifisari” è accompagnata da valutazione circa la natura malformativa, e non già tecnopatica da sovraccarico biomeccanico, dell’ ernia intraspongiosa di Shmorl.

Esperita CTU Medico-Legale, il Giudice ritiene accoglibile la pretesa azionata.

Le risultanze testimoniali hanno confermato le mansioni svolte dal ricorrente nei seguenti termini:

“Era un po’ un jolly, inoltre ero delegata sindacale e responsabile sicurezza per i lavoratori. Il ricorrente in azienda ha svolto nel tempo varie mansioni sempre operativo in reparto , mai in ufficio. La ditta, che fornisce pannelli per la costruzione di mobili, è divisa in vari capannoni, dove lavoravo io (due lati -grezzo), il ricorrente ha lavorato da una certa data in avanti (ora non ricordo quando), non fin dall’ inizio del suo rapporto di lavoro. L’ ho visto lavorare alla levigatura carico e scarico, poi in un periodo successivo con una sezionatrice di pannelli (macchina Gabbiani) e infine alla macchina Shelling di taglio dei pannelli. Sia alla Gabbiani che alla Shelling il ricorrente era addetto alla movimentazione dei pannelli = lunghe barre in truciolare MDF , del peso di 15 -18 KG, lunghe dai metri 4 ai 5,60 e larghe 60 cm, spessore da 11 a 18 cm. La movimentazione è completamente meccanizzata da circa 5 anni. In precedenza era tutto manuale cioè doveva portare tramite un carrello meccanico (navetta elettrica) i pannelli in questione lavorati al grezzo dalle suddette macchine Gabbiani e Shelling alle varie postazioni delle macchine dove dovevano essere lavorati per la stondatura; per “caricarli” su tali macchine doveva spingerli manualmente lungo le rulliere meccaniche con sforzo non solo di spalle e braccia, ma anche busto e gambe; le rulliere si bloccavano spesso per cui il ricorrente doveva spingere i pannelli completamente a mano con uno sforzo superiore. Questo è stato il suo lavoro per molti anni, lo è tuttora, ma, come ho detto, da circa 5 anni, il processo di movimentazione (rulliere) è meccanizzato. IL ricorrente di solito si arrangiava da solo, ci chiamava per un aiuto proprio in caso di estrema necessità”.

Confermato, dunque, che il ricorrente ha sempre svolto mansione di operatore addetto al carico e scarico di materiale da vari macchinari (spigolatrice, levigatrice e stondatrice), fino a 5 anni fa movimentando tavole in truciolato e MDF dal peso unitario compreso fra 15 e 25 Kg, larghe dai 40 ai 60 cm e lunghe dai 120 ai 230 cm in modo completamente manuale, senza l’ausilio di macchinari di sollevamento, inoltre scaricando le tavole manualmente dal piano della macchina posto a circa 80 cm dal suolo fino ai bancali posti a terra; dal 2008 è stato adibito all’attuale attività di conduzione della macchina utilizzata per la stonatura che esegue prelevando da una navetta elettrica le tavole necessarie all’alimentazione di due macchine operatrici smistandole sui ripiani dei carrelli di una navetta utilizzata per trasportare le materie prime all’interno delle varie aree dello stabilimento facendole scorrere su rulliere metalliche che a causa del pessimo stato manutentivo si bloccano spesso soprattutto nella parte terminale del percorso cosi da costringere l’operaio a spingerle con forza con flessioni e torsioni del busto; lavora inoltre ad una macchina da taglio effettuando continuativamente la movimentazione manuale delle tavole in base alle esigenze di produzione.

Ciò posto, anche dalla CTU risultano provati sia la patologia lamentata (discopatia lombare L5 -S1), che il nesso di causa con l’ attività lavorativa e invalidità complessiva, tenuto conto di ulteriore 1% per pregresso già riconosciuto infortunio ad un dito della mano, in misura pari al 6%.

Il CTU, confermata la sussistenza della discopatia lombare, ne afferma “in termini di elevata probabilità e di concausalità, la riconducibilità allo svolgimento dal 1991 dell’ attività lavorativa manuale con credibile movimentazione manuale ripetuta di tavole di legno pesanti, tale da comportare la necessità di frequenti torsioni e flessioni del busto . L’ uso della forza manuale per trasferire oggetti o persone è fra gli elementi di possibile sovraccarico meccanico del rachide dorso -lombare e della spalla mentre durante le operazioni di movimentazione manuale, anche in funzione della postura assunta, del peso e delle dimensioni dell’oggetto movimentato, del tragitto che deve compiere, delle caratteristiche antropometriche e di genere del soggetto, si determinano, fra le altre, forze compressive o “di taglio” sulle strutture del rachide lombare (dischi intervertebrali, limitanti vertebrali, articolazioni interapofisarie) che singolarmente, ancor di più se ripetute e prolungate, possono condurre a microlesioni o lesioni delle strutture stesse. Con criterio di elevata probabilità scientifica, il ciclo lavorativo e la prolungata attività di movimentazione manuale di pesanti tavole ripetuta con posture incongrue del rachide per un periodo di tempo trentennale di attività hanno in concreto contribuito a concausare il processo morboso da cui è affetto il ricorrente .”

Il pregiudizio permanente viene stimato nel 6% ex D. Lgs. 38/00 comprensivo anche dell’1% precedente già riconosciuto dall’V****a nel 2008 per l’infortunio sul lavoro al IV° raggio della mano destra.

Concludendo, il Giudice del Lavoro, ha accertato che il ricorrente è affetto da malattia professionale (discopatia lombare L5 -S1), con postumi invalidanti permanenti pari, tenuto conto anche dell’1% già riconosciuto nel 2008 per l’infortunio sul lavoro al IV° raggio della mano destra, al 6% e ha condannato l’Inail a corrispondere la relativa prestazione previdenziale.

Avv. Emanuela Foligno

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