Errata asportazione del rene destro rende il paziente anefrico e il chirurgo viene imputato per lesioni colpose.
Errata asportazione del rene destro: il chirurgo viene assolto dal reato di lesioni colpose.
L’assoluzione del medico chirurgo dal reato di lesioni colpose dovute alla errata asportazione del rene sano per carenza di querela, comporta la mancanza di interesse a impugnare la sentenza per contestare il verdetto.
Secondo gli Ermellini è inammissibile il ricorso in Cassazione, di talchè risulta confermata l’assoluzione del medico per l’errata asportazione del rene destro, per difetto di querela (Cassazione penale, 24384/2022).
In buona sostanza, non c’è nessun interesse a rimettere in discussione la cosa giudicata se l’azione contro il medico non doveva neppure essere intrapresa.
La Corte d’Appello conferma il proscioglimento del Medico dal reato di omicidio colposo, qualificato in lesioni colpose per difetto di querela.
L’imputato veniva ritenuto responsabile inizialmente del reato di omicidio colposo per l’errata asportazione del rene destro di un paziente, l’unico funzionante, rendendo il soggetto anefrico, cagionandone così la morte nel settembre del 2014.
I Consulenti di primo grado concludevano che “ se anche fosse stato asportato il rene effettivamente malato, il paziente sarebbe comunque deceduto..(..) ..Si sarebbero verificate le stesse problematiche post intervento sia per l’età del paziente, sia per la natura del cancro che lo affliggeva e che lo avrebbe comunque reso anefrico in breve tempo”.
Il Tribunale, condividendo le conclusioni dei Consulenti, riteneva che non vi fosse alcun nesso di causa tra la condotta del Medico e il decesso del paziente e riqualificava il reato di omicidio colposo in quello di lesioni colpose tenuto conto della errata asportazione del rene sano.
Tuttavia, il Medico è stato prosciolto per carenza di querela. Decisione quest’ultima confermata anche in sede di appello.
La vicenda approda in Cassazione dove l’imputato contesta: violazione di legge in relazione alle raccomandazioni ministeriali del 2009 e alle linee guida aziendali dell’Asl, presso cui il medico operava; vizio di motivazione in relazione alla posizione di garanzia dell’imputato nella qualità di secondo operatore; vizio di motivazione per quanto riguarda l’assenza di colpa e di rimproverabilità, considerato che l’imputato si è attenuto alla disciplina aziendale; violazione di legge per mancata correlazione tra contestazione e condanna in relazione alla responsabilità dell’imputato per la posizione di direttore della struttura e per insussistenza di una posizione di garanzia in tale sua qualità; vizio di motivazione in relazione all’esistenza di un nesso di causa tra l’evento e il difetto organizzativo.
La Suprema Corte ritiene il ricorso inammissibile e precisa che i vizi di legittimità denunciati non possono essere esaminati perché “‘l’imputato non ha interesse ad impugnare una sentenza di improcedibilità per mancanza di querela, e ciò anche se tale decisione consegua ad una diversa qualificazione giuridica del fatto contestato, trattandosi di causa originaria ostativa all’esercizio di tale potere, benché successivamente dichiarata.”
Il ricorrente non ha infatti un interesse concreto ” a rimettere in discussione una pronuncia che, riconoscendo che l’azione penale non doveva essere iniziata ab origine per mancanza della stessa condizione di procedibilità, ha fatto venire meno la ragione di controvertere in merito alla questione.
Avv. Emanuela Foligno
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