Il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza di una causalità materiale tra l’errore medico alla nascita commesso dai medici e la lesione del neonato
Il Tribunale di Genova ha condannato la Regione Liguria a versare circa un milione e mezzo di euro a un ragazzo, oggi 26enne, affetto da un grave ritardo mentale e da psicosi organica per un errore medico alla nascita.
In base a quanto riportato dalla Nazione, i camici bianchi del reparto maternità dell’ospedale della Spezia, dove la madre del nascituro era ricoverata per il parto, dopo 2 ore e 50 minuti di travaglio, non rendendosi conto della sofferenza fetale in corso, avrebbero comunque deciso di non procedere al taglio cesareo, estraendo il neonato con il vacuum.
Una volta maggiorenne il giovane, attraverso il padre, ha deciso di agire in giudizio nei confronti dell’Ente regionale, responsabile delle cessate aziende Usl.
Decisiva ai fini del verdetto la consulenza tecnica d’ufficio del medico legale incaricato dal Giudice. Gli esiti della perizia hanno infatti evidenziato che i medici “avevano trascurato degli indizi diagnostici che potevano far ritenere in essere una ipossia del nascituro e conseguentemente non avevano effettuato manovre conservative, peraltro di facile esecuzione, che avrebbero evitato il peggioramento dell’ipossia”.
Inoltre, “la mancata prosecuzione del monitoraggio dell’attività cardiaca fetale e contrattile, fino al parto, aveva ulteriormente aggravato la situazione in quanto, in assenza del tracciato, i medici avevano omesso l’ultimo intervento possibile, ossia l’espletamento urgente del parto”.
Il Tribunale ha quindi stabilito “la sussistenza di una causalità materiale tra la condotta dei medici e la lesione del neonato” rilevando “una condotta negligente nella gestione del travaglio che aveva determinato la mancata adozione di misure conservative contribuendo all’aggravamento dello stato ipossico-asfittico intraparto e alla determinazione di un danno neurologico fetale”.
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