L’avvocato ha l’obbligo professionale di informare i clienti circa il probabile esito negativo della causa (Cass. Civ., Ordinanza n. 34993/2021)

La Suprema Corte ha deciso che deve risarcire i clienti l’Avvocato che, dopo l’archiviazione del procedimento penale avviato nei confronti della società a cui gli stessi volevano richiedere i danni, non ha sconsigliato l’azione civile. Non sono sufficienti le procure per dimostrare di avere assolto all’obbligo d’informativa che grava sul professionista, che riguarda un’informazione completa anche sull’esito negativo della causa che vogliono intraprendere, affinché la decisione sia presa nella totale consapevolezza.

Il Giudice dell’impugnazione condanna un Avvocato a risarcire ai propri clienti i danni derivanti da responsabilità professionale, invocati nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal legale per ottenere il pagamento dei propri compensi professionali.

Gli Assistiti, nell’opporsi al decreto ingiuntivo, chiedevano il ristoro dei danni subiti relativi alla loro soccombenza in un giudizio intrapreso nei confronti di una S.R.L dopo il decesso di un congiunto per intossicazione da ossido di carbonio sprigionato da una stufa prodotta dalla società.

La suddetta richiesta risarcitoria viene motivata dalla mancata informazione da parte dell’avvocato degli esiti delle indagini e della CTU, che escludevano ogni responsabilità della società produttrice della stufa.

Secondo la Corte di merito, quelle conclusioni dovevano indurre il legale a sconsigliare l’azione verso la Società, considerato lo scarso successo dell’accoglimento della domanda.

L’avvocato ricorre in Cassazione sostenendo che la conclusione del CTU sulla non responsabilità della società produttrice della stufa in realtà era dubbia.

Inoltre, deduce di avere informato i suoi clienti dell’archiviazione della procedura penale del 2001 e che il giudizio risarcitorio nei confronti della Società è stato intrapreso a distanza di due anni proprio su insistenza dei clienti.

Gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso perché il motivo non è tassativo né specifico e, comunque, finalizzato a ottenere una diversa valutazione degli elementi di prova già valutati in sede di merito.

E’ del tutto corretta ed allineata alla giurisprudenza la decisione della Corte di merito laddove ha ritenuto che, nello svolgere il proprio incarico professionale l’avvocato deve osservare quanto sancito dagli artt. 1176 e 2236 c.c. che impongono ” di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi, di richiedergli elementi necessari o utili in suo possesso, di sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole.”

Non coglie nel segno la tesi del professionista inerente la prova dell’avvenuta informazione attraverso il conferimento della procura.

Devono sussistere prove specifiche al riguardo, al fine di dimostrare che il cliente, nel decidere d’intraprendere un’azione, lo abbia fatto nella piena consapevolezza del possibile esito, anche negativo, della causa.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

Responsabilità avvocato: la prova del danno secondo criteri probabilistici

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui