La responsabilità dell’avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se il danno lamentato vi sia effettivamente stato
La vicenda
I ricorrenti avevano dedotto la responsabilità professionale dell’avvocato per la negligente ed imperita attività difensiva svolta per conto della società in nome collettivo, della quale gli stessi assumevano di essere successori, nell’ambito di un giudizio per convalida di sfratto per morosità promosso dalla società immobiliare, allora locatrice. Il processo si era concluso con la risoluzione del contratto di locazione e con la condanna della società conduttrice di pagare alla ricorrente la somma di € 57.401,13, oltre interessi, a titolo di canoni ed oneri accessori.
Gli istanti avevano, perciò, agito al fine accertare l’inadempimento o l’inesatto adempimento “gravemente colpevole del loro difensore e, conseguentemente, condannarlo al risarcimento dei danni subiti, quantificati” in € 264.500,00.
L’allegata produzione documentale aveva dimostrato che nel processo per convalida di sfratto, sia nella fase sommaria che in quella a cognizione piena, l’avvocato, benchè non avesse proposto alcuna domanda riconvenzionale, aveva comunque fatto valere, al fine di paralizzare l’avversa pretesa, l’esistenza di quei vizi che avrebbero dovuto integrare, ad avviso degli attori, la causa petendi della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della locatrice e delle pretese a questa accessorie.
La responsabilità professionale dell’avvocato
Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la responsabilità dell’avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone (Cass, 17414/19).
L’affermazione della responsabilità per colpa professionale presuppone, dunque, una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita (Cass. 3355/14), da svolgersi sulla scorta degli elementi di prova che il danneggiato ha l’onere di fornire in ordine al fondamento dell’azione (Cass. n. 16846/05) ed alla stregua del criterio del “più probabile che non” (Cass. 1169/20).
Le “accuse” di negligenza professionale
Ebbene, nel caso in esame, gli attori avevano imputato al professionista di avere limitato la difesa della intimata società ad una semplice opposizione alla pretesa della controparte, senza ulteriori argomentazioni difensive e senza fornire alcuna prova di quanto dedotto ed eccepito; avevano, inoltre, lamentato la mancata proposizione di una domanda riconvenzionale volta alla risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della controparte, con conseguente declaratoria della non debenza dei canoni da questa reclamati e di quelli a scadere; e di non essere stati avvisati della pubblicazione della sentenza e della conseguente possibilità di proporre appello.
Tuttavia, – ha osservato il Tribunale di Cosenza (Seconda Sezione, sentenza n. 509/2020), gli attori non avevano prospettato alcun argomento, in fatto o in diritto, che avesse consentito di ritenere che, ove gli stessi fatti, anziché dedotti solo in chiave di eccezione o di mera difesa, fossero stati posti a fondamento di domanda riconvenzionale, il Tribunale avrebbe potuto ritenere giustificata la totale sospensione del pagamento del canone nonostante la protratta occupazione dell’immobile, e conseguentemente pervenire, con ragionevole certezza o con elevata probabilità, ad una pronuncia favorevole alle ragioni della società intimata, in particolare, esonerandola dal pagamento dei canoni e riconoscendole l’indennità per la perdita dell’avviamento.
La decisione
Allo stesso tempo, i ricorrenti non avevano neppure prospettato l’esistenza di specifiche circostanze che, ove opportunamente rappresentate dal difensore, avrebbero potuto orientare in senso diverso la valutazione del Tribunale; per le stesse ragioni non poteva addebitarsi al convenuto alcuna responsabilità in ordine alla omessa comunicazione dell’avvenuta pubblicazione della sentenza, con conseguente preclusione della possibilità di proporre appello, non essendo stato dimostrato che l’impugnazione, ove proposta, avrebbe avuto concrete possibilità di essere accolta (Cass. 12354/09).
Per queste ragioni il Tribunale, definitivamente pronunciando, ha rigettato la domanda.
La redazione giuridica
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