Il Sindacato medici italiani chiede che per tutti gli eventi avversi verificatisi dopo la dichiarazione dello stato di emergenza gli esercenti le professioni sanitarie non debbano rispondere civilmente, penalmente e per danno erariale se non in caso di dolo

“Gli errori e le inefficienze nelle cure ai pazienti, affetti da coronavirus, causati dalle mancanze delle Regioni, dalle deficienze delle  direzioni delle aziende sanitarie  non possono essere  addossati ai medici”. Ad affermarlo è il Segretario Generale del Sindacato Medici Italiani, Pina Onotri, secondo la quale, per tutti gli eventi avversi verificatisi durante la pandemia, e dopo la dichiarazione dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, gli esercenti le professioni sanitarie, siano essi medici dirigenti o medici convenzionati, non debbano rispondere civilmente, penalmente e per danno erariale se non in caso di dolo.

“La nostra richiesta  – spiega – trova giustificazione nella particolarità della malattia da virus COVID-19 e dell’inesistenza di consolidati protocolli da adottare che rendono la prevenzione e la cura della patologia derivante da tale virus di particolare complessità e difficoltà tecnica, anche alla luce della carenza di dispositivi di protezione individuali (DPI) attualmente a disposizione del personale sanitario”.

Per il Sindacato Medici Italiani, inoltre, la carenza dei DPI, comporta che gli operatori sanitari medesimi possano essere fonte di contagio e pertanto, considerando la non imputabilità di tale carenza in capo ai medici stessi, essi non possono essere chiamati a rispondere in sede civile ed in sede penale, e nello specifico del reato di cui all’art. 452, c. 1, c.p..

“Quindi – puntualizza Onotri – non può essere ritenuto responsabile di pandemia colposa il medico che, in mancanza d DPI, abbia visitato comunque i pazienti, al fine di non incorrere nel reato di omissione di soccorso, o il medico che, in assenza di linee guida e protocolli validati, abbia adottato procedure o somministrato farmaci anche off label, avvalendosi della clinica e della propria esperienza, al fine di impedire la morte e preservare l’integrità fisica del pz e abbia agito in stato di necessità”.

Lo SMI manifesta la convinzione che non si possa imputare al medico la colpa per ritardi terapeutici e eventi avversi causati dall’assenza di indagini diagnostiche disponibili o da problematiche derivanti da una organizzazione aziendale non in grado di rispondere all’emergenza.

Il Segretario denuncia, inoltre, la mancata tutela del personale sotto il profilo della sicurezza dei lavoratori e sollecita una normativa capace di tutelare i sanitari, ma anche i pazienti. “Allo scopo – aggiunge proponiamo l’istituzione di un fondo di indennizzo per i sanitari esposti al rischio biologico, comprendente sia il rischio batteriologico che virologico ed una modifica del D.L.18/2020 in materia di tutela derivante dall’infortunio sul lavoro. Il D.L. 18/2020, infatti, non prevede alcuna tutela per i medici convenzionati e gli specialisti ambulatoriali. Sarebbe, pertanto, necessario, analogamente a quanto previsto all’art. 42 del D.L.18/2020, di introdurre una specifica tutela anche per tale categoria di operatori sanitari”.

Il Sindacato, nell’attesa di linee guida e protocolli validati per la gestione della fase 2 sul territorio, chiede poi, soprattutto in vista della pandemia influenzale, che la campagna vaccinale venga estesa a soggetti under 65, anche in assenza di patologie concomitanti e che venga anticipata agli inizi di ottobre.

“L’attuale pandemia – conclude Onotri- deve essere spunto per ripensare anche allo status giuridico del medico convenzionato che, come da ampia letteratura giurisprudenziale, è considerato un parasubordinato. Anche se si parla formalmente di autonoma organizzazione dei MMG, sostanzialmente gli stessi rispondono ai dettami richiesti dall’Ente Committente (vedasi i codici di comportamento che assimilano i convenzionati ai dipendenti pubblici sulla base del DPR n. 62 del 16.4.2013) e per quanto riguarda la modalità di erogazione delle prestazioni e per quanto riguarda il rispetto dei budget messi a disposizione e per tale ragione l’Ente Committente deve farsi carico della sua tutela a partire dagli idonei strumenti di protezione”.

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