La donna lamentava, inoltre, che la sua penale responsabilità per il reato di furto di energia elettrica fosse stata provata attraverso una mera presunzione

In sede di merito era stata condannata per il reato di furto di energia elettrica, aggravato dall’uso di mezzo fraudolento e consistito nell’allaccio abusivo eseguito a carico di altra utenza in modo da erogare energia elettrica in favore della sua abitazione, il cui misuratore di energia risultava disattivato.

La donna aveva presentato ricorso per cassazione lamentando, con il primo motivo, che la Corte di merito avesse ritenuto provata la sua penale responsabilità attraverso una mera presunzione, ritenendo cioè che fosse l’unica persona che poteva avere interesse ad effettuare l’allaccio abusivo.

La ricorrente eccepiva che il contatore posto a servizio dell’abitazione era ubicato in luogo accessibile a terzi (il sottoscala dello stabile) e che quindi non poteva escludersi al di là di ogni ragionevole dubbio che lo stesso fosse stato manomesso ad opera di altre persone.

Inoltre sottolineava, come sostanzialmente riconosciuto dagli stessi Giudici dell’appello, di essere sprovvista di cognizioni in materia elettrica, per cui sarebbe stata solo una mera congettura, da parte della Corte territoriale, a sorreggere l’ipotesi che avesse potuto incaricare terze persone della manomissione dell’impianto.

Con il secondo motivo la convenuta lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, comma 1, n. 4 del codice penale (danno patrimoniale di speciale tenuità), che la Corte di merito aveva escluso unicamente sul rilievo che l’imputata non avrebbe provato di non avere utilizzato beni che comportassero un elevato consumo di energia elettrica. La donna rimarcava, peraltro, che la sottrazione di energia elettrica che si era protratta per non più di quattro giorni.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 3903/2020 ha tuttavia ritenuto inammissibile il ricorso in quanto manifestamente infondato

Con riferimento al primo motivo di doglianza i Giudici del Palazzaccio hanno evidenziato che l’operazione di ricostruzione logica della vicenda operata dalla Corte di merito andasse esente da critiche in quanto basata su un ragionamento assolutamente conducente. Nello specifico, una volta accertati, da un lato, la manomissione dell’impianto e, dall’altro, il fatto che di tale manomissione si giovasse l’abitazione dell’imputata, era logico ritenere che la condotta furtiva in fosse necessariamente riferibile alla donna, in difetto di altre plausibili prospettazioni tali da integrare un dubbio “ragionevole”

Quanto alla seconda eccezione, la Cassazione ha ricordato come la giurisprudenza di legittimità abbia chiarito già in passato che, in tema di furto di energia elettrica in utenza domestica, l’attenuante del danno di particolare lievità non può, di regola, essere concessa. Ciò in quanto nelle abitazioni l’appropriazione illecita di energia avviene con flusso continuo e la consumazione del reato deve ritenersi protratta per tutto il periodo in cui la casa venga abitata.

Il fatto che la sottrazione di energia elettrica non si sarebbe protratta per più di quattro giorni, nel caso in esame non rilevava, sia perché l’azione furtiva si era interrotta solo grazie all’intervento della polizia, sia perché la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen. ricorre solo quando il danno patrimoniale subito dalla parte offesa come conseguenza diretta e immediata del reato sia di valore economico pressoché irrilevante.

La redazione giuridica

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