L’applicazione dell’aggravante implica la sussistenza di una condizione tale da richiedere un ripristino, anche minimo, della cosa manomessa, in questo caso il cancello
Si era introdotto in un’abitazione, previa forzatura della serratura del cancello carraio di accesso al cortile, impossessandosi, al fine di trarne profitto, della autovettura della persona offesa. Per tale motivo era stato condannato in sede di merito per il reato di furto in abitazione, con l’aggravante della violenza sulle cose.
Nel ricorrere per cassazione, l’imputato eccepiva la mancanza dei requisiti dell’aggravante applicata ai sensi dell’art. 625 comma 2 del codice penale. Secondo la sentenza impugnata, infatti, il cancello carraio di accesso al cortile era stato trovato non perfettamente chiuso, presentandosi ‘lievemente piegato’.
La Suprema Corte, tuttavia, con la sentenza n. 48785/2019, ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, argomentano i Giudici Ermellini – la circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 2 del codice penale si realizza “tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l’opera dell’uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione sia necessaria un’attività di ripristino. Ciò vale anche quando “l’energia fisica sia rivolta dal soggetto non sulla res oggetto dell’azione predatoria, ma verso lo strumento posto a sua protezione, purché sia stata prodotta una qualche conseguenze su di esso, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento di destinazione.
In ogni caso per potersi ritenere integrata l’aggravante è necessario quantomeno che l’energia fisica sia diretta “a vincere, anche solo immutandone la destinazione, la resistenza che la natura o la mano dell’uomo hanno posto a riparo o difesa della cosa altrui”. Occorre, dunque, che si produca, la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o quantomeno una modificazione della sua destinazione d’uso. Una condizione tale da richiedere un ripristino, anche minimo, della cosa che è derivata dalla manomissione – o dal mutamento di destinazione- del bene su cui si è prodotta l’energia fisica.
Nel caso in esame, secondo la Cassazione, la Corte territoriale, nell’affermare la sussistenza dell’aggravante, ha fatto riferimento alla circostanza che il cancello fosse stato trovato non solo aperto, ma anche leggermente piegato. Pertanto, sussiste l’effettiva necessità di un’attività di ripristino che giustifica l’applicazione dell’aggravante della violenza sulle cose.
La redazione giuridica
Leggi anche:
FURTO IN ABITAZIONE: IL CORTILE CONDOMINIALE È LUOGO DI PRIVATA DIMORA