Partiamo dal commento della sentenza n.42453 della Cassazione penale, sez. IV, del 20/09/2023 per proporvi un approfondimento sull’utilizzo del sapere scientifico nel giudizio di causalità medica, importanza delle basi scientifiche e dell’indagine induttiva.
La impeccabile decisione a commento viene così massimata:
“Il giudizio rimesso al giudice circa il nesso di causalità tra la condotta del medico e l’evento nella maggior parte dei casi non potrà prescindere dal dato scientifico fornito dal contributo degli esperti. In tale prospettiva, il sapere scientifico acquisito nel processo mediante le conclusioni di periti e consulenti dovrà necessariamente essere utilizzato dal giudice di merito secondo un approccio metodologico corretto che presuppone la indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto, dovendosi precisare che l’esame dei dati che caratterizzano il fatto storico, ai fini del giudizio di tipo induttivo, riguardante l’indagine controfattuale, non potrà mai essere basato su valutazioni di ordine congetturale, vale a dire sfornite di una adeguata base scientifica o esperienziale.
Occorre piuttosto che di tali basi il giudice dia adeguato conto, al fine di offrire una motivata valutazione in ordine all’attitudine degli elementi indiziari caratterizzanti il caso concreto ad incidere sul coefficiente di probabilità statistica, in maniera tale da “elevarlo” fino a giungere ad un motivato giudizio di alta probabilità logica in ordine all’efficacia salvifica della condotta dovuta, al di là di ogni ragionevole dubbio”.
La vicenda giudiziaria
La Corte d’appello di Messina confermava la sentenza di primo grado che riteneva il medico Ginecologo colpevole del reato di cui all’art. 590 in relazione all’art. 583 c.p., comma 1 per aver cagionato alla paziente la perforazione dell’utero e dell’intestino con conseguente insorgenza di un’ileite acuta virulenta gangrenosa che culminava nella resezione di 25 cm di ileo. I giudici condannavano il medico alla pena di mesi tre di reclusione nonché al risarcimento del danno, in solido con il responsabile civile Azienda Ospedaliera, in favore delle parti civili costituite.
Quanto all’elemento soggettivo, ha ritenuto che la condotta del Ginecologo fosse connotata da imperizia nell’esecuzione dell’intervento e da negligenza per aver omesso di porre in essere i dovuti esami previsti dalle linee guida e comunque dalle buone pratiche clinico-assistenziali; in particolare per aver omesso la dilatazione farmacologica consigliata per le caratteristiche anatomiche della paziente (utero retroverso) nonché un adeguato monitoraggio dell’intervento e del decorso post-operatorio e per l’omessa diagnosi tempestiva della lesione occorsa accompagnata dalla sottovalutazione della sintomatologia della paziente e dall’omessa prescrizione di accertamenti strumentali a fini diagnostici.
La decisione a commento parte dal presupposto del dato giurisprudenziale pacifico che in tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità, è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento lesivo per il paziente, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario onde effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo per il paziente sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio (tra le più recenti, n. 37193/2022).
Il giudizio controfattuale, come noto, impone l’accertamento della condotta doverosa omessa e se qualora eseguita avrebbe potuto evitare l’evento. Pertanto è doveroso il preliminare accertamento dei fatti per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta. Detto in altri termini, è necessario ricostruire la sequenza fattuale e chiedersi se, ipotizzando come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato, o meno, evitato o posticipato.
Per effettuare il giudizio controfattuale è quindi, necessario ricostruire, con precisione, la sequenza fattuale che ha condotto all’evento, chiedendosi poi se, ipotizzando come realizzata la condotta dovuta dall’agente, l’evento lesivo sarebbe stato o meno evitato o posticipato.
L’importanza della ricostruzione degli “anelli” determinanti della sequenza eziologica è stata sottolineata in giurisprudenza: “al fine di stabilire se sussista o meno il nesso di condizionamento tra la condotta del medico e l’evento lesivo, non si può prescindere dall’individuazione di tutti gli elementi rilevanti in ordine alla “causa” dell’evento stesso, giacché solo conoscendo in tutti i suoi aspetti fattuali e scientifici la scaturigine ed il decorso della malattia è possibile analizzare la condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale, avvalendosi delle leggi scientifiche e/o delle massime di esperienza che si attaglino al caso concreto” (n. 25233/2005).
Anche ragionando sugli importanti diktat della ormai celeberrima sentenza Franzese (S. U. n. 30328 del 10/07/2002), in ipotesi di omicidio o lesioni colpose in campo medico, il ragionamento controfattuale deve essere svolto basandosi sulla specifica attività (diagnostica, terapeutica, di vigilanza e salvaguardia dei parametri vitali del paziente o altro) che era specificamente richiesta al Medico e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con alto grado di credibilità razionale.
Nel caso concreto, la Corte di Appello non ha fatto buon governo dei principi sopra sinteticamente ripresi. L’addebito mosso al Ginecologo è quello di avere cagionato alla paziente la perforazione dell’utero e dell’intestino con conseguente insorgenza di un’ileite acuta virulenta gangrenosa culminata poi in un intervento di resezione di 25 cm di ileo per colpa consistita nell’aver omesso un adeguato monitoraggio del raschiamento e del decorso post operatorio.
Ebbene, nel pervenire a formulare il giudizio di responsabilità nei riguardi dell’imputato, la sentenza impugnata si è fondata sulle conclusioni espresse dal Consulente del Pubblico Ministero e dal Consulente delle parti offese. La prima, pur riconoscendo il nesso di causalità tra l’intervento di revisione della cavità uterina e la perforazione dell’intestino ha tuttavia aggiunto che “è difficoltoso stabilire quale dei due medici che hanno eseguito i due interventi abbia cagionato la lesione, pur precisando che la presenza di tensione addominale e la nausea manifestatasi dopo il primo intervento lascerebbe propendere per una possibile complicanza legata alla revisione eseguita il 26/1/2016”. Ad analoghe conclusioni giunge il secondo Consulente.
Nella specie non è stato accertato il nesso di causalità tra l’intervento effettuato dall’imputato e la perforazione dell’intestino subita dalla donna, giudizio che invece è stato espresso in termini meramente probabilistici dai Consulenti tecnici.
In buona sostanza, la Suprema Corte vuole dire che la Corte d’appello ha ritenuto sussistente la responsabilità del Ginecologo “superando” le considerazioni dei Consulenti.
La sentenza impugnata viene annullata con rinvio.
Le osservazioni dell’Avv. Foligno
La decisione si presenta assolutamente interessante sotto svariati profili.
Innanzitutto è interessante l’accento che viene posto sul fatto che non potrà prescindersi dal dato scientifico fornito dal contributo dei Consulenti, che dovrà essere utilizzato dal Giudicante con un approccio metodologico e mai congetturale.
Altro aspetto meritevole di attenzione è che il Giudicante non può surrogarsi nel giudizio tecnico medico-legale a trarre conclusioni dalle prove dichiarative rese nel giudizio.
Infine, il terzo e ultimo aspetto che si ritiene di evidenziare, sembra palesato in maniera criptica ed appare una aporia. La S.C. afferma che il Giudicante deve dare adeguato conto delle basi scientifiche evidenziate dai Consulenti onde pervenire “a una motivata valutazione sulla idoneità degli elementi indiziari caratterizzanti il caso concreto ad incidere sul coefficiente di probabilità statistica, in maniera tale da “elevarlo” fino a giungere ad un motivato giudizio di alta probabilità logica in ordine all’efficacia salvifica della condotta dovuta, al di là di ogni ragionevole dubbio.”
Da un lato si parla di “elementi indiziari” e “fattuali”, dall’altro vengono bacchettati i Giudici di merito che hanno, appunto, seguendo gli elementi indiziari e fattuali, ritenuto responsabile il Ginecologo.
A parere di chi scrive il vulnus risiede nella Consulenza medico-legale che non ha chiarito se il primo intervento del 2016, oltre ogni ragionevole dubbio, provocava le perforazioni viscerali e non ha svolto il ragionamento controfattuale.
Già dal lontano 2013, la S.C. predicava sugli aspetti fattuali e statuiva che ai fini dell’accertamento della penale responsabilità del medico per colpa omissiva, nella ricostruzione del nesso eziologico, non può prescindersi dall’individuazione di tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento: solo conoscendo in tutti i suoi aspetti fattuali e scientifici il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia, è poi infatti possibile analizzare la condotta (omissiva) colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Cassazione penale, sez. IV, sentenza 14/01/2013 n° 1716.
Ebbene, i Giudici di merito hanno valutato gli aspetti fattuali per verificare il momento iniziale della “malattia” e la successiva evoluzione. Tale aspetto è del tutto corretto.
Avv. Emanuela Foligno