Il famigerato “gomito del tennista” più correttamente definito Epicondilite oggi non colpisce più solamente i tennisti, ma sempre più spesso ne soffre gente che il tennis non solo non lo pratica, ma addirittura neanche lo segue in TV.

Allora perché si chiama così?

Il nome deriva dal fatto che le prime generose affezioni sono state riferite proprio da grandi tennisti che utilizzavano il rovescio come movimento prediletto durante la propria performace sportiva. In effetti durante questo movimento l’epicondilo (la parte esterna del gomito) è sogetto a notevoli tensioni in quanto la maggior parte dei muscoli utilizzati per il gesto ha in questo sito osseo il principale ancoraggio. Di fatto l’epicondilite è l’infiammazione a carico dell’inserzione muscolotendinea di quei muscoli che si ancorano sull’osso in quel punto. Tali muscoli sono: l’estensore delle dita, l’estensore radiale lungo del carpo e l’estensore radiale breve del carpo.

Questi muscoli si attivano e collaborano con altri quando ad esempio mantenendo il polso a contatto con la scrivania, solleviamo la mano dal mouse del pc dopo il suo utilizzo.

Ecco quindi spiegato in un semplice esempio perché questa affezione colpisce ad esempio molte persone che trascorrono per lavoro o per piacere molto tempo al pc, utilizzando molto il mouse.

L’ergonomia dei movimenti in fisioterapia riguarda pressoché ogni patologia, infatti anche se i trattamenti sintomatologici sono differenti, la prevenzione e l’educazione al movimento risultano essere la componente più importante per mettere fine all’insorgenza di molte patologie. Anche il “gomito del tennista” quindi segue lo stesso iter. Da principio però occorre sicuramente ridurre la sintomatologia dolorosa con l’utilizzo di terapia fisica strumentale ed ortesi.

L’energia che può aiutarci in questi casi è senza dubbio ancora una volta il Laser Nd-Yag e in aggiunta l’Ultrasuono. A volte è necessaria l’integrazione anche di Tecar o massaggio.

Per quanto riguarda l’ortesi ne esistono molte in commercio, a mio avviso le più economiche e semplici sono sempre le migliori. L’intervento riabilitativo nei casi più complessi (solitamente le recidive o le affezioni croniche con sintomi presenti da più di tre mesi) vede un necessario apporto clinico erogato dallo specialista, solitamente un fisiatra o un reumatologo, che attraverso la Mesoterapia riesce già in poco tempo a diminuire l’infiammazione attraverso l’utilizzo di farmaci scelti ad hoc.

Come nel caso della rizoartrosi l’utilizzo dell’ortesi deve essere inizialmente per un tempo non inferiore alle 8 ore, successivamente viene consigliato l’utilizzo dei tutori solo quando si eseguono quei movimenti di estensione del polso caratterizzanti proprio il disturbo.

Infine, come al solito il percorso riabilitativo si conclude con la rieducazione all’ergonomia del movimento al fine di prevenire recidive, utile in questa fase anche l’applicazione di Neurotaping.

Dr. Paolo Scannavini
Fisioterapista e Kinesiologo
Consigliere Nazionale SIGM
Responsabile fisioterapia MeRiBen

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