La Cassazione ricorda che in sede civile, in caso di gratuito patrocinio, l’importo determinato in sentenza a carico della parte soccombente non coincide necessariamente con la somma dovuta al difensore del non abbiente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 136/2020 si è pronunciata sul ricorso di un avvocato che si era vista riconoscere una somma pari a 1500 euro a titolo di onorario per l’assistenza di persona ammessa al gratuito patrocinio in un giudizio civile.

La professionista evidenziava come tale cifra corrispondesse alla metà di quanto posto in favore dell’Erario con la sentenza che aveva definito il giudizio. In tal modo, quindi, lo Stato si sarebbe ingiustamente arricchito, avendo incamerato un rimborso di 3.000 euro, posto a carico della parte soccombente.

A detta della ricorrente, invece, l’importo determinato in sentenza ex art. 133, D.P.R. 115/2002 e quello successivamente liquidato al professionista tramite decreto ex art. 82 D.P.R. 115/2002 avrebbero dovuto necessariamente coincidere.

I Giudici del Palazzaccio, tuttavia, hanno ritenuto di respingere il ricorso in quanto infondato.

Richiamando la stessa giurisprudenza di legittimità, la Cassazione ha chiarito che “qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ex art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo d.P.R.”.

In tal modo, si evita infatti “che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti” . Inoltre, “si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità”.

La redazione giuridica

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