I giudici hanno rigettato la richiesta della Asl di Como riguardo alla riduzione degli incarichi della Guardia Medica, cioè la continuità assistenziale.

Il Consiglio di Stato – respingendo il ricorso presentato al TAR Lombardia dalla ex Asl di Como, oggi ATS Insubria – ha stabilito che un’azienda sanitaria locale da sola non può aumentare il rapporto ottimale, il rapporto cioè tra il numero dei pazienti e quello dei medici. Può farlo la Regione ma solo con l’accordo dei sindacati.

Sono dunque state annullate le delibere della ex Asl di Como  “in quanto con tali provvedimenti l’Azienda sanitaria, in violazione dell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) di Medicina Generale del 2009, di fatto aveva modificato il rapporto ottimale tra i medici di continuità assistenziale e gli abitanti residenti (rapporto fissato dall’Accordo Nazionale in 1 medico ogni 5.000 abitanti), mentre la modificazione di tale rapporto, a seguito di corrispondenti Accordi regionali, rientra nella competenza della Regione”.

I giudici hanno quindi ritenuto corretta la posizione del Sindacato Medici Italiani patrocinato dall’avvocato Antonio Puliatti e l’azienda sanitaria deve rispettare il rapporto di un medico di guardia ogni 5.000 abitanti. In base a questi numeri nella zona di Cernobbio-Pognana-Menaggio andranno allora individuati nuovi incarichi perché vi siano in servizio almeno 119 medici di continuità assistenziale. Il Tar ha dato ragione sia da un punto di vista formale – per Convenzione spetta alla Regione modificare il rapporto ottimale – sia da un punto di vista sostanziale. Il rapporto ottimale va calcolato rapportando alla popolazione i medici effettivamente in servizio non in organico e quindi considerando anche i sostituti la convenzione nazionale prevede si vada anche un po’ sotto le 5.000 unità, ad esempio un medico di guardia ogni 4.900 abitanti.

“Nel 2013 l’Ats – che era ancora Asl – racconta Puliatti – aveva diminuito gli incarichi di continuità assistenziale; affermava che i medici erano troppi per il servizio e aveva modificato il rapporto ottimale da un medico a 5 mila come da convenzione a uno ogni 6 mila abitanti”.

Per il Consiglio di Stato “non sono emersi elementi che inducano a ritenere prevalenti le esigenze dell’Ats Insubria di sospendere gli effetti della sentenza impugnata, che, in pratica ha imposto alla Azienda sanitaria in questione di ricondurre la progettata riorganizzazione del servizio di continuità assistenziale nell’ambito delle procedure fissate dall’art.64 dell’ACN di medicina generale del 2009, che consentono la deroga del rapporto ottimale tra medici e popolazione residente solo a seguito di valutazione di specifiche situazioni socio ambientali e di accordi tra Regione ed OO. SS”.

È aperta quindi la strada a nuove assunzioni di medici oggi con incarichi precari. Situazioni simili si sono verificate in Campania dove si è cercato di tagliare incarichi in continuità assistenziale. Il Tar però ha dato ragione ai medici. Solo la Regione può agire sull’ottimale, sempre però in accordo con i sindacati medici.

 

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