La decisione a commento tratta del nesso di occasionalità necessaria riguardo la stipula e il pagamento dei ratei di un contratto di assicurazione a copertura del rischio vita che l’agente non versava alla Compagnia (Corte di Cassazione, III civile, 30 maggio 2024, n. 15225).
Il caso
Viene stipulato un contratto di assicurazione a copertura del rischio vita con la Toro Assicurazioni spa, per il tramite di agente C. della predetta compagnia, e ciò avveniva all’interno dei locali della agenzia assicurativa.
I clienti dell’agenzia suddetta si accorgevano che i premi pagati all’agente C. non venivano da egli versati alla compagnia di assicurazione, la quale dunque non ha mai ritenuto conclusosi il contratto. Solo dopo numerose segnalazione l’assicurazione revocava il mandato all’agente C.
Ergo, i clienti agivano in giudizio citando la Toro Assicurazioni, per ottenere il risarcimento dei danni subiti sia a titolo di responsabilità extracontrattuale per fatto altrui (art. 2049 c.c.), che a titolo di responsabilità contrattuale per fatto degli ausiliari (art. 1228 c.c.).
Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda e la Corte d’Appello ha rigettato la domanda
La Corte d’appello ha aderito al primo grado, accertando che il pagamento delle polizze da parte dei ricorrenti è avvenuto in modo assolutamente irregolare, nel senso che alcuni dei documenti contrattuali indicavano proposte di polizza piuttosto che contratti conclusi; che alcuni degli assegni sono stati incassati a lunga distanza di tempo; che altri erano privi di data; che per molti di loro non c’era corrispondenza con la polizza relativa; che altri assegni ancora erano emessi in favore di soggetti estranei al rapporto.
Da questi elementi il Tribunale deduceva che non si poteva ritenere che i ricorrenti avessero fatto incolpevole affidamento sulla legittimità dell’operato dell’agente, interrompendo in tal modo tale il nesso di occasionalità. Contro questa sentenza vengono proposti, come si è detto, tre ricorsi per Cassazione distinti.
Per quanto qui di interesse, uno dei tre ricorsi presenta una censura corretta
In sostanza, la ricorrente aveva depositato una serie di documenti atti a provare la riconducibilità delle polizze al rapporto in essere, dunque l’imputabilità delle polizze all’agente C. ed all’effettivo pagamento di esse. Documenti che invece sono stati ritenuti insufficienti da parte del Tribunale quanto alla idoneità, poi confermata dalla Corte d’appello, a sorreggere le richieste istruttorie poi di conseguenza rigettate. La ricorrente fa presente come altra decisione della Corte d’appello invece abbia deciso in senso diverso, proprio in analoga fattispecie, ossia in fattispecie relativa ai rapporti tra il medesimo agente ed altri clienti, affermando in tal caso la responsabilità della compagnia assicuratrice per fatto del preposto. Fa altresì presente la ricorrente che quest’ultima decisione è stata poi confermata con sentenza di questa Corte numero 29033 del 2018 che ha rigettato il ricorso della compagnia di assicurazione.
La Corte di Appello ha negato il il nesso di occasionalità necessaria
La tesi della ricorrente è che la Corte d’appello avrebbe travisato il significato dell’articolo 2049 cc, negando il nesso di occasionalità necessaria, ossia ritenendo che l’agente C. avesse agito fuori da un qualsiasi rapporto con l’Assicurazione e che tale difetto di occasionalità sarebbe dimostrato dal fatto che i clienti erano consapevoli della estraneità dell’agente al rapporto assicurativo perché i pagamenti che essi effettuavano erano in un certo senso irregolari. Invece, il rapporto di occasionalità sussiste anche solo se l’agente abbia operato nell’ambito dell’attività di agenzia nei locali dell’Assicurazione utilizzando il nome della stessa. Tale rapporto è interrotto solo da una condotta gravemente colposa del cliente che incautamente la agevola.
La censura è corretta.
È infatti principio di diritto che la responsabilità ex art. 2049 c.c. dell’Assicurazione per l’attività illecita posta in essere dal proprio agente è esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sull’agente. Ne deriva che il nesso di occasionalità è interrotto solo quando il comportamento del cliente abbia agevolato in qualche modo l’attività “fraudolenta” dell’agente.
Il cliente non ha agevolato la condotta fraudolenta dell’agente
La Corte di Appello non ha tenuto in conto questo principio di diritto e si è limitata a ravvisare una condotta agevolatrice nella irregolarità formale di alcuni pagamenti: come il fatto che gli assegni fossero incassati a lunga distanza di tempo dalla loro emissione o che fossero privi di data o che non corrispondessero i numeri di assegni con quelli delle polizze, e si limita a sostenere che tali anomalie portano a “ritenere l’attività di assicurazione estranea ai rapporti intercorsi nel tempo tra gli appellanti ed il C.”
Ebbene, se è vero che l’irregolarità del pagamento può costituire condotta agevolatrice del danno subito, o comunque dell’attività illecita dell’agente, e dunque integrare anche un concorso di colpa del danneggiato, si deve trattare di irregolarità, che caratterizzano il rapporto con l’agente, tali da dimostrare che il cliente era consapevole, o avrebbe dovuto esserlo, dell’attività illecita dell’agente stesso.
Non sono sufficienti mere “irregolarità formali” come l’assegno privo di data o come la mancata corrispondenza del numero di serie dell’assegno con il numero della polizza. Nessuna di queste “irregolarità” ha attitudine causale: nel senso che avrebbe favorito l’appropriazione indebita delle somme.
Soltanto nel caso in cui il cliente abbia dato causa alla condotta fraudolenta dell’agente, può dirsi che abbia contribuito ad interrompere il rapporto di occasionalità necessaria con il preponente.
Avv. Emanuela Foligno