Per individuare l’effettivo proprietario di un veicolo, i dati del P.R.A. forniscono elementi presuntivi i quali possono, tuttavia, essere vinti con ogni mezzo di prova, anche testimoniale
La vicenda
Il ricorrente aveva agito in giudizio al fine di sentir dichiarare l’estraneità ai danni cagionati dalla sua auto in un incidente stradale, perché al momento del sinistro egli non era ancora proprietario del veicolo; e a confermarlo vi era stata la testimonianza resa dal fratello.
In primo grado, la domanda veniva rigettata con sentenza impugnata dinanzi al Tribunale di Nola. A detta dell’appellante il giudice di primo grado aveva erroneamente ritenuto non provata la titolarità del suo diritto di proprietà, perché le dichiarazioni rese dal familiare erano state ritenute non attendibili in ragione del rapporto di parentela e anche perché contrastanti con quanto risultato dal P.R.A. .
All’esito del giudizio d’appello il Tribunale di Nola rigettava il gravame, confermando la decisione di primo grado. La vicenda è così approdata in Cassazione.
La questione giuridica
La questione controversa riguardava l’individuazione del momento di perfezionamento della vendita dell’autoveicolo danneggiante. Secondo il ricorrente essa si era perfezionata verbalmente nell’aprile del 2005 e a confermarlo vi era la testimonianza del fratello.
Secondo il Tribunale di Nola, data l’inattendibilità di tale testimonianza, gli unici indizi per risalire alla data della vendita erano rappresentate dalle risultanze del P.R.A., da cui si evinceva che il 16 novembre 2005 era stato registrato il contratto di vendita stipulato per iscritto il 19 ottobre 2005.
“È vero che il contratto di compravendita di un bene mobile registrato non richiede la forma scritta a pena di nullità, che la forma scritta è richiesta solo ai fini della registrazione e che pertanto, il trasferimento di proprietà avrebbe potuto legittimamente aver avuto luogo verbalmente e, in un momento diverso rispetto a quello emergente dal contratto scritto, ma spettava alla parte interessata fornire la prova di aver stipulato l’atto in un momento diverso rispetto a quello risultante dal contratto scritto: prova che, nel caso di specie, era rappresentata da una dichiarazione testimoniale” ritenuta inattendibile visto il particolare rigore che deve osservarsi per valutare la testimonianza resa da uno stretto congiunto.
Ebbene, la Corte di Cassazione (sentenza n. 6385/2020) ha confermato siffatta pronuncia rigettando il ricorso perché infondato.
È pacifico – ha affermato il Supremo Collegio – che il contratto di compravendita di un’automobile non richiede la forma scritta ad substantiam, ma si perfeziona, al pari della vendita di qualsiasi bene mobile, con il semplice consenso di venditore e acquirente validamente manifestato (art. 1376 c.c.). L’eventuale forma scritta è richiesta ai fini della trascrizione al P.R.A., la quale non costituisce requisito di validità e di efficacia del trasferimento, ma un mezzo di pubblicità, inteso a dirimere vari contrasti tra più aventi causa dal medesimo venditore (e anche ai fini dell’imputabilità fiscale del bollo di circolazione e di altri adempimenti quali la revisione del veicolo).
La questione nel caso di specie, non era dunque se il contratto potesse oppure no essere stipulato verbalmente, né se le risultanze del PRA potessero essere vinte da una prova testimoniale, ma se il ricorrente avesse superato la suddetta presunzione, provando, tramite la dichiarazione resa dal proprio fratello, che il contratto di compravendita fosse stato stipulato in altra data, anteriore rispetto a quella risultante dal P.R.A.
La decisione
Ebbene, la Corte di Cassazione non ha ritenuto attendibili le dichiarazioni rese dal testimone. Come è noto, tra gli elementi di natura oggettiva da considerare per valutare l’attendibilità della prova, la giurisprudenza indica la precisione, la completezza della dichiarazioni, l’assenza di contraddizioni. Di nessuno di tali elementi il ricorrente aveva offerto dimostrazione, essendosi limitato a far risalire l’acquisto dell’auto ad una data diversa da quella risultante nel P.R.A.
Al contrario, risultava provata la presenza di un elemento di carattere soggettivo, in particolare, lo stretto rapporto di parentela con il ricorrente, che proprio la stessa giurisprudenza ritiene possa bastare a motivare una valutazione di inattendibilità della prova testimoniale (“l’inattendibilità di una deposizione testimoniale può essere basata anche su un accertato rapporto tra il teste e le parti indipendentemente dalla configurazione di una delle situazioni propriamente comportanti l’incapacità a testimoniare”).
La redazione giuridica
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