La Corte di Cassazione ha negato il risarcimento dei danni lamentati da un paziente più volte operato al ginocchio sinistro per non aver dato prova dell’inadempimento della prestazione sanitaria

“Ove sia dedotta la responsabilità contrattuale del sanitario per l’inadempimento della prestazione di diligenza professionale e la lesione del diritto alla salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica, o l’insorgenza di nuove patologie, e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, che una causa imprevedibile e inevitabile ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione”.

Di tale principio aveva fatto buon governo la Corte d’Appello di Milano, che aveva rigettato l’istanza risarcitoria presentata da un paziente contro la struttura sanitaria e il medico chirurgo.

La vicenda

Dopo essersi sottoposto a un intervento di artroprotesi totale nel ginocchio sinistro, gli fu diagnosticata una patologia flogistica settica per la quale l’attore fu costretto a eseguire ripetute artrocentesi (drenaggi percutanei con siringa) che avevano avuto come conseguenza la formazione di sepsi con setticemia. Fra il 2007 ed il 2009 il ricorrente si sottopose nuovamente a due interventi di sinoviectomia, con ricovero dopo il secondo intervento per una grave sepsi al ginocchio sinistro; cui seguirono tra il 2009 e il 2010, altre due operazioni eseguite sempre presso la medesima struttura e dallo stesso chirurgo: la prima di rimozione della protesi settica e la seconda di impianto di una nuova protesi.

In primo grado il Tribunale di Milano rigettò la domanda risarcitoria.

Parimenti la Corte d’Appello di Milano rigettò il gravame, osservando che “sia nel caso di responsabilità extracontrattuale che nel caso di responsabilità contrattuale incombe sull’attore l’onere di provare il nesso di causalità fra la condotta del sanitario e l’evento” e, nel caso di specie, non solo tale onere non era stato assolto, ma dalla CTU era positivamente emersa l’assenza del nesso eziologico tra il fatto contestato e il danno.

L’insussistenza del nesso causale

Era stato accertato infatti che la sepsi da stafilococco non aureo, apparsa nel ricovero del febbraio 2009, a sei anni di distanza dal primo intervento chirurgico, non fosse attribuibile alla protesizzazione del ginocchio sinistro, non essendo state documentate complicanze infettive in sede di intervento e nulla era emerso dalla documentazione relativa al periodo 10 ottobre 2003-12 novembre 2007, sicché costituiva una complicanza infettiva insorta per la prima volta nel ricovero del gennaio 2009; i ripetuti episodi di tenosinovite manifestatisi nel 2007 erano invece, riconducibili ad “un complesso clinico-patologico a carattere neoplastico benigno ad insorgenza spontanea”.

La Corte di Cassazione (sentenza n. 28992/2019) ha condiviso le argomentazioni della Corte d’Appello, ribadendo il principio di diritto secondo il quale, il creditore ha l’onere di l’onere di provare, anche mediante presunzioni, il nesso di causalità fra la condotta del sanitario e l’evento di danno quale fatto costitutivo della domanda risarcitoria, non solo nel caso di responsabilità da fatto illecito ma anche nel caso di responsabilità contrattuale.

Soltanto qualora tale prova sia stata raggiunta, incomberà sul debitore l’onere di provare o l’adempimento o che l’inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile.

La redazione giuridica

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